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Questo articolo è stato pubblicato il 01 aprile 2011 alle ore 13:31.

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L'amministratore delegato di Parmalat, Enrico Bondi (Ansa)L'amministratore delegato di Parmalat, Enrico Bondi (Ansa)

Il cda di Parmalat, convocato a inizio settimana dal presidente Raffaele Picella, ha deciso per il rinvio dell'assemblea degli azionisti - originariamente convocata per il 12, 13 e 14 aprile - che ha fissato una nuova data al 25, 27 e 28 giugno. Nel comunicato dell'azienda si fa esplicito riferimento a «quanto previsto dal Decreto Legge numero 26 del 25 marzo 2011 entrato in vigore il 27 marzo 2011» conosciuto come decreto anti-scalate. «Il relativo avviso di convocazione - conclude il comunicato - viene oggi pubblicato sul sito internet dell'emittente secondo quanto previsto dall'articolo 125-bis del Decreto Legislativo numero 58/1998».

La votazione non è avvenuta all'unanimità. Nella riunione ci sono stati due no mentre non ci sono stati astenuti. A dire no al rinvio, secondo quanto risulta a Radiocor, sono stati l'a.d. di Luxottica, Andrea Guerra e il numero uno di Carlyle in Italia, Marco De Benedetti. La votazione dei nove presenti, considerando i due membri del board assenti, é finita 7 a 2.

La nota rilasciata dalla società al termine del board fa riferimento al decreto legge varato dal Consiglio dei ministri la scorsa settimana. Lo stesso decreto peraltro sarà scandagliato dalla Commissione europea. «Esamineremo attentamente che le regole del mercato unico siano rispettate e agiremo se così non sarà» ha detto la portavoce Amelia Torres sul decreto italiano sull'ingresso della Cassa depositi e prestiti in società strategiche.

La portavoce ha aggiunto non c'é «ancora una posizione formale» sul decreto perché non é stato analizzato e le autorità italiane non ne hanno discusso in via preventiva con i servizi comunitari. Trattandosi di partecipazioni in società di «rilevante interesse nazionale», come è scritto nel decreto varato ieri, che dovrebbero essere acquisite da entità pubbliche o controllate dallo stato, nel caso in cui ciò avvenga può profilarsi un problema per quanto concerne le norme sugli aiuti di stato. La portavoce ha indicato che «un organismo pubblico come la Cassa Depositi e Prestiti può acquisire o aumentare la partecipazione in una società senza che si tratti di aiuto di stato naturalmente a patto che agisca sulla base del principio dell'investitore di mercato».

Resta sul piede di guerra intanto Lactalis, che in pochi giorni ha rilevato il 28,97% del capitale dell'azienda di Collecchio. L'azienda, in una nota ha espresso «il suo sconcerto per la decisione illegittima e priva di motivazioni presa dal Consiglio di Amministrazione di Parmalat S.p.A. in merito al rinvio dell'Assemblea degli Azionisti della Società. Lactalis - si legge ancora - ribadisce la qualità e la validità del proprio piano industriale di lungo periodo, che è a beneficio di tutti gli azionisti e stakeholders di Parmalat, e rimane aperta al confronto con gli azionisti e con tutti quei soggetti che intendono contribuire allo sviluppo di Parmalat».

Oggi l'azienda ha inviato una lettera al cda per opporsi al rinvio. Tra i punti sollevati c'è quello della data per la convocazione dell'assemblea. La società francese ha sottolineato come, per cambiare giorno, Parmalat avrebbe dovuto pubblicare gli avvisi già oggi sui principali quotidiani. Stando all'articolo 8 dello statuto Parmalat infatti, la convocazione dell'assemblea deve essere pubblicata sul sito internet, su uno dei maggiori quotidiani italiani e sul Financial Times. Dal momento che la data ultima per cambiare il giorno dell'assemblea era stata fissata in oggi, primo aprile, il fatto che la società possa pubblicare gli avvisi sui giornali solo domani, secondo Lactalis, sarebbe configurabile come un ritardo oltre il tempo limite.

Proseguono intanto le manovre in corso per la creazione della cordata di aziende italiane, che affiancheranno Intesa Sanpaolo, Mediobanca e Unicredit, nella difesa di Parmalat dai francesi di Lactalis, azionisti con il 29% del gruppo di Collecchio. Tra le imprese considerate, secondo quanto risulta all'agenzia Sole 24 OreRadiocor, ci sarebbe anche Barilla, che ha chiuso il 2009 con un fatturato consolidato di oltre 4 miliardi di euro e una perdita di 101 milioni. La partecipazione alla cordata tricolore dell'azienda del Mulino bianco trova però almeno due ostacoli: la scelta strategica di indirizzare le risorse disponibili verso lo sviluppo delle attività core business e l'indebitamento elevato, eredità dell'acquisto della tedesca Kamps, poi ceduta l'anno scorso. A fine 2009 il debito del gruppo era pari a 877 milioni di euro, cioé 1,66 volte il margine operativo lordo (527 milioni). Proprio questo fine settimana sono in calendario una serie di riunioni per verificare la disponibilità di Barilla, Ferrero e delle altre aziende che potranno fare parte della cordata italiana intenzionata ad assumere la guida di Parmalat.

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