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Questo articolo è stato pubblicato il 08 aprile 2011 alle ore 07:48.

dal nostro corrispondente Beda Romano
FRANCOFORTE. A tre anni e mezzo dallo scoppio dello sconquasso finanziario, la Banca centrale europea ha girato pagina. Ieri ha aumentato il costo del denaro per la prima volta dal 2008, precedendo sia la Banca d'Inghilterra che la Federal Reserve. Dietro la scelta monetaria si nasconde un messaggio politico: la Bce vuole esortare governi e banche ad assumersi finalmente le proprie responsabilità nella gestione della crisi.
Nella sua consueta conferenza stampa mensile ieri a Francoforte, il presidente della Banca centrale europea Jean-Claude Trichet si è lanciato in un esercizio di equilibrismo. Da un lato ha giustificato l'aumento del costo del denaro dall'1 all'1,25%, notando che le pressioni inflazionistiche sono elevate, che la ripresa economica è più forte del previsto, e che l'obiettivo della banca è di evitare spirali salariali.
«La politica monetaria rimane accomodante (...) Continueremo a monitorare da molto vicino tutti gli sviluppi relativi ai rischi per la stabilità dei prezzi», ha spiegato. Trichet ha però precisato più volte: «Il consiglio direttivo non ha deciso che questa stretta monetaria è la prima di una serie». La Bce ha voluto così tentare di gestire le aspettative dei mercati.
Pur visibilmente preoccupato dall'andamento dell'inflazione, ieri l'istituto monetario ha preferito non tratteggiare un percorso di aumenti del costo del denaro. Da un lato la situazione politica ed economica rimane incerta. Dall'altro, la Bce vuole evitare un forte rialzo dell'euro contro il dollaro (ieri il cambio ha oscillato stabile intorno a 1,42). Il prezzo dell'oro invece è salito fino a 1.464,80 dollari l'oncia, sulle attese per un nuovo indebolimento della moneta americana.
Molti economisti continuano a prevedere altre strette monetarie quest'anno, prima e dopo la pausa estiva. D'altro canto, l'inflazione era al 2,6% in marzo, e potrebbe toccare il 3% alla fine dell'anno. Più volte ieri Trichet ha avvertito che la Bce intende contrastare il rischio di una spirale salariale: «Il nostro messaggio a tutti è chiaro: il tasso d'inflazione odierno, del 2,6%, non è un tasso d'inflazione normale».
Commentava ieri sera Marc Touati, economista di Assya Compagnie Financière a Parigi: «La politica economica nella zona euro è paradossale. Da un lato aiuta i paesi in crisi debitoria; dall'altro favorisce un euro forte, che pesa sulla crescita di questi stessi paesi». L'aumento del costo del denaro deciso ieri dalla Bce è controverso. Molti si chiedono se sia appropriato in un contesto nel quale alcuni stati membri sono in grave difficoltà. Proprio due giorni fa il Portogallo è diventato il terzo paese - dopo Grecia e Irlanda - a chiedere il sostegno europeo pur di evitare il fallimento. Il governo di Lisbona «è stato incoraggiato» dalla Bce a chiedere aiuto, ha detto Trichet, che su una possibile ristrutturazione del debito greco, ha spiegato: «Abbiamo un piano. Finché il piano non viene cambiato, va applicato».
Trichet ha insistito ieri su due aspetti. Prima di tutto, ha spiegato che la politica monetaria deve guardare all'insieme della zona euro (Portogallo, Grecia e Irlanda rappresentano il 6,3% del Pil). Poi ha sottolineato che tenere sotto controllo le aspettative di inflazione consente alle autorità monetarie di garantire stabilità monetaria e tassi di mercato più bassi di quanto non sarebbero nel caso di una strategia troppo accomodante.
Più in generale, dietro alla decisione di ieri c'è un segnale politico, l'annuncio che a questo punto la Bce vuole tornare a privilegiare la lotta all'inflazione piuttosto che i salvataggi bancari o sovrani. Trichet ha quindi esortato i governi ad anticipare con misure di risanamento le eventuali pressioni dei mercati finanziari, e le banche «a trattenere i profitti, rafforzare il capitale ed eventualmente fare uso degli aiuti statali».
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