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Questo articolo è stato pubblicato il 14 marzo 2011 alle ore 06:37.

Jean Claude Trichet, come ampiamente scontato, ha formalizzato la stretta monetaria. Il tasso di riferimento principale per l'area dell'euro è passato dall'1 all'1,25 per cento. Il tasso di deposito marginale (cioè il saggio cui vengono remunerati i depositi overnight delle grandi banche presso Eurotower) è stato fissato a 0,5% mentre il tasso di finanziamento marginale (l'interesse pagato dai grandi istituti finanziari in crisi di liquidità per avere prestiti overnight dalla Bce) è salito al 2 per cento. Il cosiddetto corridoio dei prestiti, insomma, è stato allargato. E proprio il salire del tasso di finanziamento marginale è un indizio interessante rispetto alla volontà di iniziare a "chiudere" il rubinetto da parte della Banca centrale europea.
Attenzione ai prezzi al consumo
La mossa era stata ampiamente pre-annunciata in marzo. Allora il presidente della Bce aveva sottolineato il problema del surriscaldamento dell'economia: il tasso d'inflazione è troppo alto, era il messaggio. Un'impostazione ribadita oggi: è una mossa all'unaminità «per contrastare i rischi legati alla stabilità dei prezzi» che restano «prevalenti», ha detto Trichet. Una passo che, però, non è «il primo di una serie di rialzi»
Il focus su Portogallo e Spagna
Dopo la stoccata è arrivata la carezza: la politica monetaria resta «molto accomodante», ha sottolineato Mr Euro, così come i tassi di interesse a sostegno di crescita e occupazione. Non è mancato, peraltro, un accenno al Portogallo («abbiamo incoraggiato Lisbona a chiedere aiuto») e alla Spagna ( «ha fatto già molto ma ha ancora cose da fare»).
La spirale inflazione-salari
Ma un'importante sottolineatura è arrivata sul mercato del lavoro: da un lato Trichet ha chiesto «maggiore flesssibilità»; dall'altro, ha sottolineato come il trend dei prezzi, «spinto all'insù dal petrolio», dev'essere controllato per evitare che si inneschi una spirale inflazionistica «legata ai salari».
Già la spirale inflazionistica. La stima di un indice dei prezzi al consumo al 2,3% in Eurolandia, cioè al di sopra di quel 2% che per statuto la Bce è tenuta a far rispettare, è secondo molti un po' il cavallo di Troia usato da Trichet per giustificare il ritocco all'insù.
L'impatto sui mutui e la ripresa
Economisti e esperti non vedono questo pericolo imminente sul fronte del costo dei prezzi al consumo, anche perché il rialzo del Cpi è spinto dall'offerta (leggi balzo delle quotazioni delle materie prime), piuttosto che dalla domanda (leggi ripresa dell'economia). Inoltre, a fronte di una ripresa debole, c'è chi rimarca il costo della mossa della Bce: «Per le famiglie italiane che pagano un mutuo a tasso variabile - dice il Codacons - significa pagare , in media, 204 euro all'anno in più». Per non dimenticare, poi, il maggior peso sui debiti pubblici Ue che potrebbe fiaccare la rimonta dell'economia di eurolandia.
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