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Questo articolo è stato pubblicato il 19 aprile 2011 alle ore 07:48.

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Il rendimento dei titoli di Stato decennali della Grecia tocca un nuovo record arrivando al 14,56%, il livello più alto dall'introduzione dell'euro. Volano a nuovi record anche i rendimenti dei titoli con scadenze a due anni. La minaccia di una ristrutturazione del debito greco ha fatto salire il tasso dei titoli decennali sopra il 14% e lo spread (differenziale di rendimento) con il bund tedesco si è allargato a 1.061 punti base, ai massimi. Il tasso sui titoli biennali è balzato di 85 punti base al picco del 19,36%.

Anche il rischio default sul debito di Atene ha ormai superato i 1.200 punti: i credit default swaps (Cds) hanno segnato un rialzo di 56 punti base a quota 1.211, indicando il 64,5% di possibilità di un default della Grecia entro cinque anni.

A soffiare sul fuoco della ristrutturazione è da giorni la Germania, prima con il ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble e ieri con il liberale Otto Fricke, portavoce parlamentare per il bilancio del cancelliere Angela Merkel. «La Grecia non può evitare la ristrutturazione del suo debito prima della fine dell'estate», ha detto Fricke. «La grande domanda è se la Grecia ce la può fare a trovare un modo di uscire dall'impasse senza dover ristrutturare il suo debito», ha spiegato aggiunto. «I segnali non sono buoni e la previsione non è facile».

Anche il quotidiano Die Welt ha citato un anonimo ministro greco che avrebbe ammesso «come fosse chiaro fin dall'inizio che la Grecia avrebbe dovuto ristrutturare i suoi debiti. È solo una questione di tempo».
Fonti anonime, citazioni sibilline, voci che si autoalimentano senza nessun dato certo. Ma come è possibile spingere la Grecia verso la ristrutturazione di un debito da 340 miliardi di cui 48 in mano a banche elleniche e 22 nelle casse dei fondi pensione greci? Il governatore della Banca centrale, Georges Provopoulos, avverte che «una ristrutturazione del debito greco non è né necessaria né auspicabile. Avrebbe conseguenze disastrose sull'accesso del Governo e delle imprese greche ai mercati finanziari internazionali oltre a ripercussioni molto negative sugli asset di fondi pensione, banche e privati che detengono titoli pubblici greci».

Ma il terremoto si estenderebbe all'estro. Brugel, un think-tank di Brussels, stima che un terzo del debito greco sia nelle mani di banche europee, che però hanno avuto tempo in un anno di aumentare il capitale e svalutare a un prezzo di 75 centesimi i titoli in portafoglio. Una svalutazione ulteriore a 50 costerebbe altri 30 miliardi di euro di perdite. È ipotizzabile oggi una batosta simile per le banche europee? Senza contare che in caso di ristrutturazione dei 110 miliardi di euro di aiuti ad Atene, a pagare sarebbero anche gli Stati visto che 80 miliardi sono prestiti diretti intergovernativi che verrebbero colpiti dalle perdite perché non sono considerati crediti "senior", a differenza di quelli Fmi. Una ristrutturazione vorrebbe dire perdite anche per i 15 creditori tra cui la Germania, l'Olanda e la Finlandia, paesi dove monta la protesta contro i salvataggi dei Pigs.

Di sicuro c'è solo che nel 2012, nonostante l'ombrello dei finanziamenti del prestito da 110 miliardi di euro che finiranno ad aprile 2013, mancheranno all'appello 27 miliardi di euro, per pagare i bond in scadenza e ripianare il deficit. Il ministro delle Finanze greco, George Papaconstantinou, ha già fatto sapere che in quel caso si rivolgerà all'Efsf, l'European Financial Stability Facility, per ottenere un prestito-ponte, visto che intanto Atene ha ottenuto che la durata del debito da 110 miliardi è passato da 3 a 7,5 anni (come quello irlandese) e il tasso di interesse è stato abbassato dal 5 al 4 per cento.

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