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Questo articolo è stato pubblicato il 20 aprile 2011 alle ore 21:38.

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Fiat riduce il debito nel primo trimestre, aumenta utili e ricavi e conferma gli obiettivi per il 2011; grazie alla tenuta degli utili e al calo dei debiti sarà inoltre in grado di minimizzare il prezzo di acquisto della quota Chrysler. Oltre ai tempi dell'operazione Chrysler restano però all'orizzonte due incognite "industriali": la vertenza sindacale, con Sergio Marchionne che ha nuovamente minacciato di tagliare la produzione in Italia se non verranno accettate le modifiche chieste dalla Fiat all'organizzazione del lavoro in fabbrica; e la perdita di quote di mercato in Europa, che pesa negativamente sui risultati anche dal punto di vista fiscale.

I conti trimestrali.
I conti trimestrali – i primi dopo lo scorporo da Fiat Industrial – vedono un aumento dei ricavi a 9,21 miliardi dagli 8,6 dello stesso periodo del 2010; un risultato di gestione di 251 milioni contro 230, un utile netto di 37 milioni contro 13 e un debito netto industriale sceso a fine periodo a 489 milioni di euro dai 542 di fine 2010. La divisione auto Fga ha visto aumentare i ricavi a 7 miliardi di euro (+2,6%) nonostante il calo delle consegne (-2,6%) grazie al miglioramento del mix di prodotto; ha però subìto un calo dei profitti da 153 a 130 milioni.

Fiat Auto perde colpi.
Fiat Auto ha fatto peggio del mercato sia in Italia (-29% contro -23%) che fuori (+0,2% contro un +2,3%), con un -20% totale in Europa contro il calo del 5% delle vendite complessive di automobili: nei primi tre mesi del 2011 Fiat ha perso ancora terreno nel suo mercato più importante. Certo, una parte del fenomeno è puramente statistica, e deriva dal fatto che l'Italia va peggio degli altri paesi europei. Ma la quota del mercato europeo controllata dal gruppo italiano è tornata nel primo trimestre al 7,3%; praticamente lo stesso livello del 2004, quando al Lingotto arrivò Sergio Marchionne; nessun concorrente europeo vende così poco, in percentuale, al di fuori del proprio mercato nazionale: il 3,8% del 2010 (sceso poi al 3,6% nel 1° trimestre 2011) si confronta con un 7,9% di Renault e un 9,7% di Peugeot; se si esclude l'Italia, in tutti gli altri paesi d'Europa Fiat vende meno di Hyundai e Kia (451mila auto nel 2010 contro 565mila). Non solo: delle 451mila unità vendute l'anno scorso, circa 200mila, ovvero quasi la metà, erano Panda e 500; questo conferma la superiorità di Torino nelle minicar ma non garantisce certo margini elevati.

Tornando alla quota del 7,3%, il miglioramento dal minimo del 2005 (6,6%) al massimo dell'8,8% toccato nel 2009 si è dunque rivelato di natura congiunturale, legato al successo di prodotti come la Panda, la Grande Punto e la 500, oltre che agli incentivi che nel 2009 favorirono i modelli più piccoli ed ecologici. Adesso che queste auto iniziano a mostrare i segni dell'età, le vendite mettono la marcia indietro. Non è un caso che anche nei primi tre mesi del 2011 l'unico marchio in controtendenza sia Alfa Romeo, che risente positivamente del successo della Giulietta appena lanciata. «Abbiamo risentito della fine degli incentivi e dello spostamento del mercato verso i segmenti medio alti, dove Fiat è meno presente» ha detto Sergio Marchionne rispondendo alle domande degli analisti; l'amministratore delegato ha definito ieri i risultati «più che soddisfacenti, dato l'andamento del mercato». Il calo di vendite e i conti in rosso in Europa hanno un effetto collaterale negativo citato ieri dall'amministratore delegato Sergio Marchionne: un'aliquota fiscale media elevata, poiché le perdite subite in Italia non sono deducibili dagli utili ottenuti in Brasile.

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