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Questo articolo è stato pubblicato il 22 aprile 2011 alle ore 07:34.

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L'auto in Europa, l'anello deboleL'auto in Europa, l'anello debole

di Andrea Malan e Antonella Olivieri
Ogni volta che Fiat annuncia un passo avanti su Chrysler la Borsa festeggia. È successo anche ieri: la fiammata del 4,5% ha riportato il titolo a 6,87 euro, poco sotto il livello d'esordio di inizio anno. Ma come va davvero la Fiat? L'aumento di utili e fatturato contrasta con il crollo delle vendite di automobili in Europa; qual è la vera faccia del Lingotto? In che condizioni, economiche e finanziarie, si presenta Fiat al matrimonio con Chrysler?

I risultati del 1° trimestre 2011 hanno visto Fiat spa aumentare i ricavi (+7,1%) e l'utile di gestione (+9%), oltre che l'utile netto (da 13 a 37 milioni di euro). Dei 251 milioni di utile operativo, un quarto (62 milioni) arriva da Ferrari e Maserati; altrettanto dai componenti (Magneti Marelli e i motori di Powertrain). Il resto (130 milioni, in calo dai 153 del 2010) da Fiat Group Automobiles; dentro Fga ci sono i veicoli commerciali e l'auto, divisa tra Brasile ed Europa. Qui il Lingotto non fornisce i dati separati, ma si sa che i furgoni vanno bene e il Brasile è una macchina da utili (stimati attorno al miliardo di euro nel 2010). La vendita di auto in Italia e nel resto d'Europa ha i conti in rosso e resta il tallone d'Achille del gruppo.

Le vendite di auto dei marchi Fiat sono calate in Europa dell'11,2% e risentono di una gamma di prodotto invecchiata e sbilanciata, rispetto alla concorrenza, sui segmenti più piccoli e a margini più bassi: delle 450mila auto vendute nel 2010 in Europa fuori dall'Italia, quasi metà erano Panda e 500; anche per questo il Lingotto ha pagato la fine degli incentivi ecologici. Fiat Auto risente anche del crollo del mercato interno (-23% le vendite di auto in Italia nel primo trimestre 2011) da cui dipende più delle rivali. Nessun concorrente europeo vende così poco, in percentuale, fuori dal proprio mercato nazionale: il 3,8% Fiat del 2010 si confronta con un 7,9% di Renault e un 9,7% di Peugeot. Poiché il mercato italiano rimarrà stagnante nel 2011, le prospettive di ripresa a breve sono legate ai nuovi prodotti (si veda l'articolo qui sotto).

Ieri il mercato ha festeggiato soprattutto l'abilità di Sergio Marchionne: i 1.268 milioni di dollari valutano il 100% di Chrysler circa 7 miliardi di dollari, due in meno della valutazione che si otterrebbe applicando i multipli dell'auto Usa con uno sconto "matricola" dell'ordine del 10%. Poiché Chrysler è ancora in rosso, gli analisti fanno riferimento in particolare ai parametri sul fatturato – un po' come ai tempi della new economy – scommettendo che prima o poi i volumi di vendita torneranno ai livelli pre-crisi, ma gli utili saliranno a livelli superiori, perché nel frattempo le ristrutturazioni hanno abbassato strutturalmente la base dei costi. Gm e Ford viaggiano in Borsa al 30% delle vendite 2011 e al 24% delle vendite 2012.

Fiat eserciterà la sua opzione una volta che Detroit avrà rimborsato i 7,4 miliardi di debiti governativi, rifinanziando il debito con le banche e sostituendo così i "sicuri" ma onerosi (costo superiore all'11%) capitali pubblici con prestiti di mercato a condizioni migliori. Il rapporto net debt (5,7 miliardi di dollari)/Ebitda (3,5 miliardi) è di 1,6, e non cambierà con il rifinanziamento. Migliorerà però con gli 1,268 miliardi che incasserà dall'aumento di capitale riservato a Fiat, a parità di altre condizioni a 1,26 volte, restando comunque a livelli quasi tripli rispetto al dato "normale" di settore di 0,5 volte. Ma la leva alta su Chrysler e alleggerita su Fiat (che con lo spin-off ha chiuso il 2010 con un debito netto industriale di mezzo miliardo) ha giocato a favore dell'opzione di Torino.

Gli 870 milioni di euro che Fiat dovrà mettere sul piatto per il 16% di Chrysler verranno dall'abbondante liquidità ereditata dalla scissione: 14 miliardi se si conta anche il bond lanciato all'inizio del mese. Marchionne ha confermato che la stima dell'indebitamento netto per fine anno – indicata in 1,5-1,8 miliardi – non cambia. Avendo mantenuto invariati tutti gli altri target a eccezione del Capex (sotto i 4 miliardi rispetto all'obiettivo iniziale di 4-4,5 miliardi), a farne le spese saranno in parte ancora gli investimenti; un altro obiettivo sicuro – ha detto ieri Marchionne agli analisti – sarà il capitale circolante. Il problema è che il taglio degli investimenti – già attuato nel 2010 – mette a rischio quel rinnovamento della gamma Fiat che è fondamentale per recuperare quote di mercato.

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