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Questo articolo è stato pubblicato il 15 maggio 2011 alle ore 14:43.

SAN FRANCISCO - La scena al Moscone Center di San Francisco è quella delle grandi kermesse dei nomi di punta di Silicon Valley, migliaia di programmatori che si aggirano tra stand futuristici con al collo e in tasca i gadget più disparati. Alla Google I/O Conference di un paio di giorni fa ne sono arrivati 5mila per parlare di Android e Chrome, il sistema operativo per i telefonini e il browser Internet sui quali Google punta per scalzare Microsoft e Apple. È proprio per giocare d'anticipo su quello che sta capitando qui a San Francisco che Microsoft ad esempio ha annunciato l'altro giorno l'acquisto di Skype.
E Apple potrebbe seguire con qualche mossa aggressive/difensiva: ha una liquidità di 80 miliardi di dollari in cassa e potrebbe comprarsi qualuque cosa per difendere il suo territorio. Perchè Android ha certamente dei vantaggi competitivi. La differenza con l'iPhone si vede già girando tra la calca dei programmatori: se Apple impone a tutti un sistema operativo standard e controllo rigido sui contenuti, Android è un sistema aperto e personalizzabile dagli operatori di telefonia. Un approccio che ha portato il sistema operati libero sostenuto da Google al 50% del mercato Usa degli smartphone in marzo contro il 25 dell'iPhone: sono 100 milioni a fine aprile i telefoni con Android venduti nel mondo dai vari operatori.
A presiedere a questo caos organizzato c'è un ingegnere brasiliano di 34 anni, Hugo Barra, direttore sviluppo di prodotto Android. A Google da tre anni, laurea e doppio master al Massachusetts Institute of Technology, Barra ha appena tenuto la presentazione keynote della giornata quando si siede per un'intervista esclusiva con il Sole 24 Ore. Proprio questo approccio aperto potrebbe essere il vero problema di compatibilità e sicurezza di Android, che permette agli sviluppatori di mettere sul mercato i programmi «senza un processo di approvazione», dice Barra, equivalente a quello di Apple.
Google ufficialmente non è preoccupata dei rischi per sicurezza e privacy di questo approccio aperto: «Non c'è solo il test di compatibilità che tutti i telefoni Android devono superare», dice Barra nell'intervista, «le singole applicazioni passano per dei test automatici e vengono pubblicate istantaneamente se rispettano le linee guida sui contenuti. E poi c'è la sicurezza, con le applicazioni che devono chiedere permesso prima di accedere ai dati. Finora non c'è stato niente che ci abbia fatto ripensare a questo modello». Barra però non rivela la percentuale («ma è piccola») di applicazioni rimosse dall'Android Market per problemi di sicurezza o contenuti.
Guardando la quarta I/O Conference annuale è difficile credere che, con lo sbarco in forza nella telefonia, Google sia ancora un motore di ricerca. Ormai, dice Barra, «siamo una società di ricerca Internet e di pubblicità. Con la crescita di Internet ci sono sempre più utenti online che usano prodotti Google, che in alcuni casi generano fatturato pubblicitario. E poi paghiamo bene gli sviluppatori e i produttori di dispositivi che usano i sistemi Google, in qualche caso condividendo i ricavi».
Nel keynote Barra ha presentato Android at Home, in sostanza un modo per controllare la casa, dalla tv alla lavastoviglie, usando Android. È un modo per invadere uno spazio dove finora Google non è entrata, e magari superare i computer tradizionali come Windows e Macintosh? «Il nostro core business rimane il modello online basato sulla pubblicità. Vogliamo far sì che gli elettrodomestici e il resto della casa siano controllabili con Android, non vogliamo prendere il posto degli altri sistemi operativi», è la risposta di Barra. All'affondo contro Steve Ballmer e Steve Jobs ci penserà poi Sundar Pichai, responsabile di Chrome, presentando nell'altro keynote Chromebooks, il primo computer con il marchio Google.
Lo spettro della concorrenza di Seattle e Cupertino non è mai lontano dal Moscone Center, dove la notizia della mega-acquisizione di Skype da parte di Microsoft per 8,5 miliardi arriva proprio all'inizio dei lavori. A caldo, Barra reagisce dicendo che «il prezzo mi ha fatto impressione». Vi sentite minacciati? "Non abbiamo ancora studiato bene che cosa significa l'affare. Ma li guardiamo da vicino, prendiamo la cosa molto seriamente».
C'è una parola però che, alla due giorni di Google, dall'azienda non si è sentita: social. Nel momento in cui i social network vanno in borsa (Linkedin questo mese, in attesa dell'Ipo gigante di Facebook) e gli investitori vanno a caccia di tutte le opportunità che passano per il social web, l'assenza di Google si nota. Barra la spiega così: «Non pensiamo che il social sia un prodotto, ma una funzionalità attiva su vari prodotti». Ma non vuol dire che non vedremo in futuro, dice un portavoce al Moscone Center, delle funzioni social dentro Android.
SICUREZZA E PRIVACY
Le rassicurazioni
Hugo Barra, direttore sviluppo del prodotto Android (il sistema operativo dei telefonini di Google), ai margini della Google I/O Conference ha spiegato al Sole 24 Ore che: il gruppo non è ufficialmente preoccupato dei rischi per sicurezza e privacy dei propri sistemi: «Non c'è solo il test di compatibilità che tutti i telefoni Android devono superare, le singole applicazioni passano per dei test automatici e vengono pubblicate istantaneamente se rispettano le linee guida sui contenuti. E poi c'è la sicurezza, con le applicazioni che devono chiedere permesso prima di accedere ai dati. Finora non c'è stato niente che ci abbia fatto ripensare a questo modello».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
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