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Questo articolo è stato pubblicato il 21 maggio 2011 alle ore 10:23.

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L'agenzia Standard & Poor's ha tagliato l'outlook sul rating della Repubblica italiana da stabile a negativo, confermando il rating a lungo termine «A+ » e a breve termine «A/1+» sul debito sovrano. Questo significa che nei prossimi 24 mesi c'è una probabilità del 33% che il rating venga abbassato. Finora l'Italia era rimasta fuori dall'ondata di retrocessioni che ha già colpito Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna. Ma la debole crescita economica e il rischio di stallo politico stanno modificando in negativo lo scenario.

Immediata la replica
L'Italia rispetterà i suoi impegni, una possibile paralisi politica è da escludere in assoluto e il Governo sta preparando i provvedimenti mirati a rispettare l'obiettivo del pareggio di bilancio per il 2014, che il Parlamento approverà a luglio. Così in una nota il Ministero dell'Economia e delle Finanze ha replicato a Standard & Poor's. «L'Italia - si legge nella nota - è stata, è, e sarà un paese con risorse economiche e politiche tali da fargli sempre rispettare gli impegni presi». Quanto all'analisi dell'agenzia di rating, «l'unico elemento nuovo, pare costituito dal rischio di una possibile paralisi politica (political gridlock). Questa è da escludere in assoluto».

Le motivazioni
L'agenzia spiega, infatti, di «avere abbassato l'outlook per i maggiori rischi legati al piano di riduzione dell'indebitamento per il periodo 2011-2014» e che questi rischi sono connessi a «una crescita dell'economia più debole delle nostre attuali stime, che prevedono un +1,3% nel periodo 2011-2014» e ad uno «stallo politico che potrebbe contribuire allo slittamento delle riforme fiscali».

Se uno di questi rischi dovesse concretizzarsi, «il debito dell'Italia potrebbe ristagnare agli attuali alti livelli». D'altro canto, avverte comunque l'agenzia, «se il governo riesce ad ottenere sostegno politico per l'attuazione di riforme strutturali a favore della competitività, ponendo le basi per una crescita economia più elevata ed una più veloce riduzione del debito, i rating potrebbero rimanere al livello attuale».

Prospettive di crescita
La mancanza di impegno politico nella deregolamentazione del mercato del lavoro e nell'introduzione di riforme per aumentare la produttività ha ridotto le prospettive di crescita, secondo l'agenzia che sottolinea invece come «misure volte a ridurre i colli di bottiglia e le rigidità dell'economia siano particolarmente importanti per l'Italia alla luce della sua limitata flessibilità monetaria, derivante dalla sua appartenenza all'Unione Monetaria Europea e della limitata flessibilità fiscale, a causa dell`elevato livello di indebitamento».

Costante erosione di competitività
Dopo la contrazione del 2008/2009, la ripresa italiana è stata infatti debole, soprattutto a causa della riduzione delle esportazioni nette. Il deficit commerciale, tradizionalmente vicino all'equilibrio, è cresciuto negli ultimi 15 mesi. La limitata capacità dell'economia italiana di beneficiare del rafforzamento della domanda esterna riflette la bassa crescita della produttività, la limitata mobilità nel mercato del lavoro e la costante erosione di competitività verificatasi negli ultimi dieci anni. Si tratta di fattori che influenzano l'economia italiana da oltre un decennio, ma ora il loro impatto è maggiore a causa dell'intensificarsi della concorrenza, dell'ulteriore apprezzamento del tasso di cambio reale, del rischio di un aumento dei costi della raccolta nei settori pubblico e privato.

L'indebitamento è tornato ai livelli del 1997
S&P stima che l'indebitamento netto governativo raggiunga il 116% del PilL nel 2011 (era al 100% del PIL nel 2007), in linea con il livello del 1997. L'agenzia dimostra che «la contrazione economica del 2008 e 2009, ha eliminato tutti gli sforzi di un consolidamento fiscale negli ultimi dieci anni» e ritiene che «la probabilità che l'Italia non riesca a ricondurre il debito governativo netto al di sotto del 113% del PilL entro il 2014, sia maggiore del 33%». E aggiunge, sempre per motivare la riduzione dell'outlook dell'Italia che «il costo legato agli interessi sul debito pubblico italiano è pari a oltre il 10% delle entrate pubbliche nel 2011, è superiore del 7,5% il livello mediano della categoria di rating 'A' ed è previsto in ulteriore aumento».

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