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Questo articolo è stato pubblicato il 26 maggio 2011 alle ore 13:19.

Il G8 ha deciso di erogare 20 miliardi di dollari fra il 2011 e il 2013 a Tunisia ed Egitto, i due paesi in cui sono stati abbattuti fra dicembre e febbraio due regimi ventennali. I due movimenti di piazza più significativi della primavera araba. Gli aiuti - si legge nella nota in corso a Deauville - saranno erogati dal Fondo monetario internazionale, che può arrivare fino a 35 miliardi di dollari, e dalle Banche multilaterali di sviluppo (Bers o Bei) che può arivare a sei miliardi. In tutto fino a 40 miliardi di dollari che saranno legati «al sostegno allo sviluppo e a un adeguato sforzo sul fronte delle riforme».
Mosca accetta ipotesi esilio Gheddafi
Nella dichiarazione finale, si chiede una «immmediata cessazione dell'uso della forza del regime contro i civili in Libia» e si «sostiene una soluzione politica nel Paese» che risponda «alla volontà della popolazione». La vera novità arriva dall'atteggiamento del presidente russo Dmitry Medvedev, a cui Barack Obama e Nicolas Sarkozy hanno chiesto di convincere Gheddafi a farsi da parte, eventualmente accogliendolo in esilio. Il vice ministro degli Esteri russo, Serghei Ryabkov, ha affermato che Mosca è pronta ad ammettere che Gheddafi se ne deve andare: «Riteniamo che, con le sue azioni, il colonnello si sia giocato la propria legittimità» ha spiegato. «Di fatto, occorre che forniamo un contributo affinchè se ne vada», ha sottolineato il numero due della diplomazia russa, con una presa di posizione che segna una svolta netta nell'atteggiamento di Mosca, finora estremamente critico nei confronti dell'Occidente, rispetto al conflitto in Libia. Fonti russe hanno ricordato come il Cremlino disponga di interlocutori nel regime di Tripoli.
Siria, niente azioni delle Nazioni Unite
A conclusione dei lavori francesi degli otto paesi leader, resta l'incertezza sulla Siria, paese chiave per la pace in Medio Oriente dove da marzo il regime di Bashar al Assad sta massacrando i dissidenti. Il G8 si dice pronto a «misure» contro il governo siriano ma nella dichiarazione finale non cita possibili azioni al consiglio di sicurezza dell'Onu. Una ipotesi che sarebbe stata contenuta in una delle bozze preliminari, circolate prima della dichiarazione finale. Gli Otto sottolineano di provare «orrore» per la morte di numerosi manifestanti e l'uso massiccio della violenza in Siria, oltre che per le violazioni gravi e ripetute dei diritti umani. E fanno appello al governo di Damasco affinché «fermi immediatamente l'uso della forza» e «risponda alla legittima domanda di libertà di espressione» nonchè al rilancio «dei prigionieri politici». Appelli che se non «saranno ascoltati dalle autorità siriane» indurrà ad «optare per altre misure».
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