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Questo articolo è stato pubblicato il 23 luglio 2011 alle ore 09:57.

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«L'accordo per salvare la Grecia è molto positivo anche se si possono criticare dei dettagli. La direzione è quella giusta e si è dimostrato che la Grecia è una caso speciale. Inoltre il default, sia esso di tipo selettivo (selective) o totale (full), è stato accettato come un evento possibile e non è stato considerato come la fine del mondo o la ripetizione del caso Lehman Brother in Europa».

Così Daniel Gros, presidente del Ceps a Bruxelles, uno dei maggiori e prestigiosi think tank economici europei. Gros è stato uno degli ideatori del Patto di stabilità ai tempi del ministro delle Finanze tedesco Theo Waigel e ha proposto da mesi la formazione di un Fondo monetario europeo per uscire dalla secche della crisi dopo aver lavorato all'Fmi, essere stato consulente della Commissione e del Parlamento europei e di vari governi nazionali e banche centrali.

Perché l'accordo è un passo nella giusta direzione?
Perché ora abbiamo dato alla Bce le garanzie necessarie per continuare il suo lavoro, garanzie che serviranno oltre che per la Grecia anche per Irlanda e Portogallo e implicitamente abbiamo fornito un ombrello protettivo all'Esfs anche per la Spagna e l'Italia.

Molti rifiutavano l'idea di un default nell'Eurozona?
Il default è possibile nell'Eurozona anche se gli stati non hanno più valute diverse. Il default è arrivato anche se spetta alle agenzie di rating stabilirlo e certificarlo ma ciò che conta è che non sarà la fine del mondo come in molti paventavano.

Cosa pensa dell'Efsf?
Era una strada obbligata in un momento difficile quella di creare e rafforzare il veicolo Esfs, una scelta che in tempi normali verrà riassorbita. Non è comunque da considerare né un Fondo monetario europeo né un ministero-ombra del Bilancio europeo. È solo uno strumento necessario in tempi difficili.

È stata sconfitta la posizione di ostilità assoluta al default della Bce?
E' una sconfitta tattica della Bce, ma nello stesso tempo una vittoria strategica. La Bce voleva che gli stati si accollassero il compito fiscale e questo è stato fatto. La responsabilità fiscale e le relative garanzie che ne derivano spetta agli stati, tramite l'Efsf, mentre quella della liquidità spetta alla Bce. I compiti sono chiari.

Cosa pensa del piano Mashall?
E' solo una formulazione politica che non ha nessuna possibilità di riuscire in concreto. Basta pensare che la Grecia è un paese che vive di crescita sul consumo: in queste condizioni il Pil è semplicemente drogato. Ci sono solo servizi e quindi la crescita del Pil non è sostenibile alla lunga. Così quando il consumo cade per la recessione non c'è più crescita.

Cosa deve fare la Ue dopo questo accordo sulla Grecia?
Prendere atto che l'approccio strategico è cambiato. Ora abbiamo fatto capire che nell'eurozona il fallimento è possibile. La Commissione europea dovrebbe prenderne atto in una direttiva che riveda il principio che il debito pubblico all'interno dell'eurozona non ha rischio.

Cosa deve fare l'Italia?
Le riforme strutturali sono un passo obbligato ma mi ha particolarmente colpito il fatto che nell'ultima classifica del Wef sulla Global Competiveness Report 2010-2011 l'indice sulla qualità generale delle infrastrutture la Grecia con il 54° posto batte l'Italia che si colloca solo al 73°. Nel dettaglio la Grecia ha una collocazione pari all'Italia per quanto riguarda le strade (57°) rispetto al 54°, peggiore per quanto riguarda le ferrovie (64° contro 39°) migliore per i porti (74° contro 81°) e gli aeroporti (45° contro l'84° posto dell'Italia). Mi pare che ci sia molto da fare visto che che lo stesso rappporto mette tra i fattori più problematici nel far business in Italia proprio l'inadeguatezza della sua rete di infrastrutture.

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