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Questo articolo è stato pubblicato il 30 luglio 2011 alle ore 08:50.

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C'è voluto l'intervento (parzialmente rinfrancante) di Barack Obama per evitare alle borse mondiali flessioni ben peggiori. Un discorso, teso a rassicurare gli investitori mondiali sulla vicina risoluzione dell'impasse sul debito americano, che è arrivato a metà pomeriggio, quando i cali sulle piazze europee in particolare erano oramai vicini in media ai due punti percentuali.

A fine giornata, invece, Milano ha chiuso in calo dello 0,67%, Madrid dello 0,27%. Francoforte ha lasciato sul terreno lo 0,44%, Londra lo 0,99%, Parigi l'1,07%. A Wall Street l'S&P 500 ha registrato una flessione dello 0,43%, mentre il Nasdaq ha perso lo 0,36 per cento.

A mettere di pessimo umore gli operatori sin dalla prima mattinata è stata la minaccia di Moody's di tagliare il rating della Spagna, attualmente Aa2, a causa delle difficoltà di bilancio del paese. In un clima già sufficientemente surriscaldato dai timori su un possibile default sul debito Usa, la notizia è stata come benzina sul fuoco. Le vendite hanno iniziato a colpire tutti settori, penalizzando i bancari europei (sebbene l'Italia sia stata punita anche meno rispetto agli altri listini europei su questo fronte) pur senza salvare gli altri comparti.

Ad aumentare il nervosismo, in un mercato già sufficientemente scettico sulla bontà del piano di salvataggio di Bruxelles, hanno contribuito in fondo due elementi: la notizia di elezioni anticipate in Spagna e il taglio del rating di Cipro da parte di Standard & Poor's (passato A- a BBB+ con outlook negativo). Come se non bastasse nel pomeriggio è stato diffuso il dato sul Pil americano, che nel secondo trimestre é cresciuto al ritmo dell'1,3%, al di sotto delle attese degli analisti che erano per un incremento dell'1,8%. In calo anche i dati del dipartimento del Commercio, che nel trimestre hanno mostrato le spese per i consumi in crescita solo dello 0,1% su anno, l'incremento più modesto in due anni.

È stato come gettare sale sulle ferite aperte. Le Borse hanno ampliato di colpo i ribassi mentre i riflessi ci sono stati anche su valute e commodity. L'euro si è rafforzato di mezzo punto sul dollaro, mentre l'oro ha riaggiornato il massimo storico: 1.632,30 dollari l'oncia sul mercato spot americano; a Londra al fixing pomeridiano ha toccato i 1.628,5 dollari l'oncia. La corsa all'asset sicuro ha fatto il paio con il picco del Vix, il cosiddetto "indice della paura", che misura la volatilità implicita delle opzioni quotate sui titoli dell'indice S&P 500, che è tornato a 26 punti, ai massimi da marzo. E si è accompagnato all'aumento generalizzato dei Credit default swap sui debiti sovrani, tra cui l'Italia, che ieri hanno segnato rincari anche significativi.

Qualcosa, per fortuna, è cambiato in positivo verso le 16.30 ore italiane, quando oltre Oceano Barack Obama si è detto ottimista sul raggiungimento di un accordo fra repubblicani e democratici nel corso del week end. Da allora i grafici dei listini hanno iniziato a registrare una moderata ma costante ripresa, forse aiutata, secondo alcuni analisti, dalla discesa dell'indice S&P sotto la media mobile a duecento giorni.

La giornata degli spread
La giornata borsistica è stata legata come al solito a doppio filo a quella dei titoli di Stato. Il termometro che misura i timori del rischio contagio di default nei paesi dell'area euro ha ricominciato a salire sin dal primo mattino e ha mantenuto livelli di allerta per tutto il giorno. Lo spread, ovvero il divario tra i rendimenti dei Bund decennali tedeschi e i titoli di Stato europei di durata analoga, è entrato in fibrillazione anche su Paesi meno periferici dell'area euro, come il Belgio.

Lo spread sui Btp decennali italiani è tornato a sfiorare soglie record: si è impennato a 335 punti base in mattinata, poi si è ridimensionato nel corso della giornata, ma verso le 16.30 del pomeriggio ha toccato la soglia dei 339 punti, con un rendimento superiore al 5,9 per cento. Anche i titoli decennali del Belgio hanno raggiunto livelli record, sfiorando i 184 punti. Per i Bonos spagnoli sono state inevitabili le montagne russe: sono arrivati a 350 punti in mattinata, ma a metà pomeriggio hanno superato i 370 punti base, per poi richiudersi un poco.

La pressione esercitata ieri dai mercati sul rendimento dei Btp italiani non aveva cause specifiche, come può essere avvenuto nei giorni scorsi per l'attesa sull'esito delle aste di titoli di Stato. Gli investitori sembrano giocare a chi indovina qual è il prossimo Stato a finire in area default: dunque, dopo il monito di Moody's sulla Spagna inevitabile scommettere che il prossimo avvertimento arriverà all'Italia. In realtà la chiave di lettura più ficcante di quanto sta accadendo in questi giorni si trova nell'andamento del rendimento dei Bund a 10 anni, che è sceso repentinamente passando dal 2,7% di mercoledì mattina al 2,54 per cento di ieri sera.

Gli investitori, dunque, sembrano aver iniziato un processo di fuga o alleggerimento sui titoli di debito pubblico di buona parte dei paesi dell'area euro per rifugiarsi nei Bund. È un evidente segnale dell'incertezza che regna sui mercati e che in fondo fa poche distinzioni sui fondamentali dei singoli Stati dell'area euro. Un'incertezza trainata anche dallo stallo sulle decisioni relative al debito degli Stati Uniti: non a caso ieri, dopo le dichiarazioni del presidente Obama, che si è detto fiducioso sulla possibilità di un accordo bipartisan sul debito, gli spread si sono leggermente richiusi. Quello sui Btp è sceso a 333 punti base, per poi riattestarsi a 335 punti a fine giornata.

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