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Questo articolo è stato pubblicato il 17 agosto 2011 alle ore 17:43.
L'ultima modifica è del 11 agosto 2011 alle ore 14:20.

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Lo yuan, la valuta cinese, ha sfondato la barriera psicologica di 6,4 contro il dollaro, anche sulla spinta della politica monetaria della Federal Reserve, che martedì ha annunciato di mantenere i tassi al minimo per due anni. Il livello di 6,4 è stato oltrepassato per la prima volta dal 1993, ovvero da quando la Banca popolare della Cina ha unificato i tassi di cambio e i mercati valutari. Il dato è positivo: da tempo il Fondo monetario ripete che uno yuan più forte aiuterebbe a stabilizzare l'economia globale, oltre a dare una mano a Pechino nel combattere l'inflazione e nel riequilibrare una crescita cinese aggrappata troppo alla potenza dell'export e troppo poco alla domanda interna.

La forza del Dragone in fatto di esportazioni va a scontrarsi con il dato odierno del deficit della bilancia commerciale americana, salito in giugno a 53,07 miliardi di dollari, in rialzo del 4,4% dai 50,83 miliardi di un anno fa. Secondo alcune fonti sarebbero in corso colloqui ai massimi livelli tra Pechino e Washington proprio perché c'è un interesse reciproco a evitare che la crisi del sistema commerciale americano finisca per danneggiare seriamente anche le dinamiche dell'economia cinese.

Con la parità centrale fissata ieri a 6,3991 sul dollaro, la divisa cinese realizza il maggior rialzo del riferimento - nel giro di due giorni - dal febbraio 2008 (+3,1% da inizio anno), il che ha provocato tra i trader la sensazione che adesso - complice una congiuntura mondiale preoccupante - sia davvero possibile una svolta nelle scelte di politica monetaria di Pechino, forse addirittura in direzione di un aumento della fascia di oscillazione giornaliera consentita (rispetto all'attuale 0,5%). In effetti i segnali delòla nuova direzione intrapresa già ci sono: guardando ai futures, la previsione è di un ulteriore apprezzamento entro l'anno dello yuan di un 1,5 per cento sul biglietto verde.

Intanto, il China Securities Journal ha riferito che nelle alte sfere si pensa che l'inflazione - salita al massimo triennale del 6,5% a luglio - abbia ormai raggiunto un picco, tale da consentire un cambio di marcia della Banca popolare cinese dopo i tre rialzi dei tassi avvenuti quest'anno.

Continua, infine, anche la corsa dello yen, tradizionalmente valuta rifugio, nonostante il massiccio intervento sul mercato delle autorità monetarie giapponesi: oggi la valuta nipponica quota circa 76,6 contro il dollaro, a due passi dai nuovi massimi toccati ieri a 76,28.

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