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Questo articolo è stato pubblicato il 23 novembre 2011 alle ore 07:34.
di Isabella Bufacchi
Sarà stata una coincidenza: ma ieri, mentre giravano voci di declassamento sul Belgio e il Mef annunciava gli ammontari dei BoT (8 miliardi) e CTz (2 miliardi) in asta venerdì, confermando l'emissione di un nuovo BTp triennale cedola 6% e del decennale per il prossimo martedì, il rendimento dei BTp a due e cinque anni schizzava vistosamente sopra il 7%, ampliando lo spread contro i titoli tedeschi che su quelle durate viaggiavano tra lo 0,50% e l'1 per cento. Gli Stability bond hanno l'obiettivo di evitare tutto questo, come verrà spiegato oggi dalla Commissione europea: stemperare l'ansia da asta, accrescere la liquidità dei bond governativi e ridurre il rischio di credito sovrano, rafforzare la stabilità finanziaria neutralizzando gli shock, contenere la volatilità dei titoli di Stato, abbattere il costo della raccolta per gli Stati altamente indebitati o con problemi di liquidità. In linea di principio, quindi, l'Italia dovrebbe trarre beneficio da qualsiasi forma di Stability-bond.
Il diavolo però sta nei dettagli, come anche la cancelliera Angela Merkel spesso ricorda parlando della crisi dell'euro, e al di là delle problematiche legate all'azzardo morale, è sui meccanismi tecnici che l'Italia dovrà confrontarsi per evitare che oltre ai benefici arrivino anche gli handicap.
Tra le tre-quattro opzioni presentate da Bruxelles (incluso il debt redemption fund proposto dai tedeschi), la migliore per l'Italia sembra la prima, quella che prevede la sostituzione di tutti i titoli di Stato in euro emessi dai 17 con un solo common bond supportato dalle garanzie totali dei Paesi partecipanti (ogni Stato garantisce i suoi ammontari di debito e quelli degli altri). Questi Stability bond dovrebbero avere rating 'AAA', sarebbero molto liquidi (risparmiando un liquidity premium di 20-30 centesimi): il costo della raccolta per l'Italia, rating singola 'A', calerebbe drasticamente ma aumenterebbe quello della Germania. Per evitare sperequazioni, questa opzione prevede una formula di compensazione per gli Stati core 'AAA': se il rendimento dello Stability bond risultasse al 2%, come i Bund, contro il 6% dei BTp, l'Italia raccoglierebbe tramite gli Stability al 3% mentre la Germania all'1 per cento. Il problema di questa opzione è però la garanzia 'joint and several' (che impone ai Paesi più forti 'core' di farsi carico di eventuali default sul debito pubblico degli Stati più deboli). Per questa formula, occorre modificare i Trattati e i tempi lunghi (svariati anni?) non sono favorevoli all'Italia che soffre ora per la scarsa sfiducia sui mercati.
Meglio per l'Italia, per la tempistica almeno, la seconda o terza opzione che potrebbe lasciare intoccati i Trattati. In questo caso però il nodo delle garanzie, che non sarebbero più totali (ogni Paese garantirebbe solo per la sua quota di debito), verrebbe sciolto prevedendo una parziale sostituzione degli Stability bond con i titoli nazionali. Questa soluzione a metà (blue bond o Stability bond coprirebbero fino al 60% del debito/Pil, i rimanenti red bond sarebbero emessi dagli Stati nazionali per coprire oltre la soglia del 60%) creerebbe due mercati: lo Stability bond sarebbe affidabile (forse rating AAA), estremamente liquido, senior e richiesto dagli investitori mentre invece i titoli di Stato nazionali diventerebbero poco appetibili, illiquidi, junior (subordinati ai senior) e gli investitori per acquistarli richiederebbero rendimenti altissimi. Il debt redemption fund invece sostituirebbe con i suoi bond il debito pubblico che sfonda il 60% del Pil: gli Stati aiutati da questo fondo dovrebbero impegnarsi a restituire il finanziamento in 20-25 anni, con il rischio di default o uscire dall'euro.
isabella.bufacchi@ilsole24ore.com
©RIPRODUZIONE RISERVATA
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