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Questo articolo è stato pubblicato il 18 aprile 2012 alle ore 07:49.

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Il 23 dicembre 2003, la Terredi vende il terreno dell'area Garibaldi alla Im.co, società anch'essa controllata da Salvatore Ligresti attraverso la solita Sinergia. E che ha sede sempre a Roma, in via Guido d'Arezzo 2. Di fronte al notaio Mario Grossi di Corbetta si presenta, come amministratore unico di Terredi, proprio Francesco Milone. L'atto viene firmato: Im.Co acquista il terreno edificabile in via Gioia per 2 milioni di euro.

Però la Im.co non paga in quel momento. Motivo: la Terredi srl (cioè il venditore) nel rogito «dichiara di avere già prima d'ora ricevuto dalla parte acquirente» (cioè Im.Co.) la somma. Morale: il terreno passa di mano, ma il denaro – almeno quel giorno – no. Ovvio, si dirà, venditore e acquirente fanno parte dello stesso gruppo. Quando, come (e se) questi soldi siano mai transitati non è però possibile saperlo: Il Sole 24 Ore ha contattato telefonicamente Francesco Milone, il quale ha preferito non rispondere. Ormai è comunque acqua passata: pochi mesi dopo la Terredi stessa è confluita nella Im.co.
Ma il terreno nell'area Garibaldi ha continuato a viaggiare. Sempre, potremmo dire, tra mani "amiche". Due anni dopo, nel 2005, la Im.Co decide di vendere l'area alla società Meridiano Secondo, controllata da FonSai: cioè dal gruppo assicurativo i cui azionisti di riferimento sono, ancora, i Ligresti. Scenari Immobiliari aveva valutato quel terreno 6,9 milioni. Ma, nel rogito, il prezzo è un po' più alto: Im.Co che aveva acquistato (senza pagare di fronte al notaio) per 2 milioni, vende due anni dopo a 7,186 milioni di euro. Su questo terreno deve sorgere un Hotel a cinque stelle.

Nel 2009 FonSai incarica la Icein (società sempre legata ai Ligresti con sede nella solita via D'Arezzo) di «far eseguire le opere di cantieramento relative all'edificazione dell'Hotel». Ma i lavori slittano. E il costo dell'opera sale. Arriviamo così ai giorni nostri: Meridiano Secondo si trova un patrimonio immobiliare nell'area Garibaldi che vale 37 milioni, quando precedenti perizie l'avevano valutato 51 milioni. Morale: dopo tutti questi passaggi, il cerino sembrerebbe spegnersi proprio in mano a Meridiano Secondo, cioè al gruppo FonSai. «Il Sole 24 Ore» ha contattato anche FonSai per un riscontro, ma non sono arrivate risposte. L'unica certezza la scrive il collegio sindacale: «Di tale differenza di valore verrà tenuto conto nel progetto di bilancio 2011».

Le altre girandole
Questa è solo una delle innumerevoli operazioni transitate per la Im.Co e per via Guido D'Arezzo. Il 23 dicembre 2003, stesso giorno in cui Terredi srl vendeva l'area Garibaldi a Im.co, di fronte allo stesso notaio passa un'altra grande area edificabile: la società Concezioni Immobiliari (controllata al 100% da Im.co) vende alla stessa Im.co un terreno da 60mila metri quadri a Bruzzano. Il prezzo pattuito è di 3 milioni di euro. Ma, ancora una volta, nessun passaggio di denaro avviene davanti al notaio. Altra operazione infragruppo. Stesso discorso per la Ripa srl, che sempre il 23 dicembre 2003, sempre davanti allo stesso notaio, vende a Im.Co un immobile in località Quintosole. Prezzo: 2 milioni e 250mila euro.
È invece del 2005 la vendita da parte della Milano Assicurazioni di un'area di quasi 9mila metri quadrati nel quartiere Isola del capoluogo lombardo. Ad acquistare è la solita Im.Co per 28,8 milioni di euro, come è scritto nel rogito del 22 dicembre 2005. Lo stesso giorno viene firmato un contratto di compravendita di cosa futura: Milano Assicurazioni si impegna ad acquistare l'immobile che Im.Co costruirà (una torre di 12 piani) per 93,7 milioni che alla fine diventeranno 100 (non tutti pagati). Parti correlate, prezzi che salgono, lavori da cantierare.

L'inchiesta della Procura
Anche alla luce delle girandole immobiliari, la richiesta di fallimento per Sinergia e Im.Co era nell'aria da tempo. Perché anche loro, a quanto pare, sono rimaste col cerino in mano. «Società tecnicamente fallite», avevano affermato già alcune settimane fa fonti del palazzo di giustizia. Ad accelerare i tempi della mossa del Pm Luigi Orsi sarebbe stato il mancato accordo tra i creditori delle due società, divisi tra chi avrebbe voluto utilizzare l'articolo 67 della legge fallimentare, con una gestione più "privatistica" della crisi, e chi invece si sentiva più garantito dal ricorso all'articolo 182 bis, che prevede il controllo del tribunale fallimentare nella procedura di risanamento. Da una parte le principali banche creditrici come UniCredit, Banco Popolare e Bpm, dall'altra Ge Capital. L'impasse è stato decisivo. Nell'istanza di fallimento della Procura si parla di un "buco" di oltre 100 milioni di euro derivato da debiti per circa 400 milioni a fronte di attivi per 290. Sinergia da sola ha bisogno «di 50 milioni di liquidità per proseguire le attività fino al 2014», si legge nell'istanza di fallimento.

Cosa succederà ora? Come per il caso del San Raffaele, i destini delle società dei Ligresti procederanno su un doppio binario. Il primo si trova al secondo piano del palazzo di giustizia, dove il tribunale fallimentare deciderà, probabilmente già oggi, la data dell'udienza per la discussione dell'istanza, che dovrebbe tenersi entro un mese. Solo allora i giudici decideranno se accogliere la richiesta della Procura, e quindi dichiarare il fallimento di Sinergia e Im.Co, oppure se avviare una procedura di concordato o, in alternativa, ricorrere all'articolo 182 bis. Il secondo binario è due piani più su, nelle stanze della Procura, dove il Pm Orsi già da ieri procede per bancarotta in un'inchiesta che (per ora) ha un solo indagato di cui si conosce il nome: Salvatore Ligresti. Comunque vada, restano le domande: FonSai ha veramente pagato troppo? Se sì, dove possono essere finiti i soldi? Perché Unipol ha già dichiarato che, se conquistasse FonSai, non farebbe azione di responsabilità?

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