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Questo articolo è stato pubblicato il 11 giugno 2012 alle ore 11:12.

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Una valanga di miliardi per salvare il sistema bancario spagnolo. Nel week end il G7 ha dato l'ok a un piano da 100 miliardi. Il premier Mariano Rajoy non vuol sentir però parlare di "salvataggio" e non vuole paragoni con Grecia, Irlanda e Portogallo, gli altri Paesi dell'area euro che sinora hanno ricevuto un sostentamento dall'Europa. Ma al di là di come lo si chiami l'ammontare di soldi che l'Ue si prepara a stanziare per la Spagna è superiore ai 78 miliardi del piano salva-Portogallo e ai 67 del pacchetto salva-Irlanda. Solo la Grecia ha avuto prestiti più consistenti (247 miliardi in due distinti salvataggi, quello concordato a maggio 2010 e quello resosi necessario a febbraio 2012).

La crisi spagnola dimostra che la crisi dell'Eurozona è entrata in una spirale. Prima gli Stati hanno salvato le banche (nel 2008), poi (dal 2010) il sovra-Stato (l'Ue) ha salvato gli Stati Ue che si sono sovraindebitati per salvare le banche e adesso quelle stesse banche già salvate una prima volta, non potendo più chiedere aiuto agli Stati sovraindebitati, chiedono una mano al sovra-Stato (sempre l'Ue). Un cane che si morde la coda.

Oltre a questo, la crisi spagnola condensa tutti i vizi dell'ultima grande crisi finanziaria, quella partita cinque anni fa dagli Stati Uniti e dai derivati sui mutui subprime. Perché, come negil Usa del 2007-2008, quella iberica è una crisi immobiliare-bancaria. Come negli Stati Uniti le banche spagnole hanno concesso credito facile a categorie che non sono più in grado adesso di rimborare le rate del mutuo.

La differenza? I subprime (categorie meno abbienti) americani erano lavoratori il cui basso reddito consentiva solo di rimborsare rate di mutui con tassi variabili ai minimi storici (una volta poi saliti i tassi son diventati insolventi). Mentre i subprime spagnoli sono perlopiù costruttori che hanno ottenuto crediti facili dalle banche per mettere in piedi palazzi a un ritmo sfrenato e privo di logica. Gonfiando la bolla immobiliare su cui si è retta sinora l'economia spagnola, grazie al meccanismo di crediti facili. Garantiti tanto dai colossi del credto spagnolo quanto da banche cooperative politicizzate.

Va anche detto che le stesse banche non hanno innescato solo la miccia nel settore immobiliare. Ma il vizietto del credito facile ha favorito lo sviluppo anche di altri settori. Fra cui il calcio. Come si spiegherebbero allora quella settantina di milioni di euro elargiti da Bankia (oggi nazionalizzata con un piano da 23 miliardi di euro) al Real Madrid per comprare stelle del calibro di Cristiano Ronaldo? Stesso discorso per il Barcellona, finanziato allegramente da Caixa e Santander, nonostante un indebitamento vicino ai 600 milioni di euro, all'incirca quanto quello del Real.

Nel vortice dei prestiti facili delle banche spagnole è stata coinvolta anche la Bce che ha finanziato gli istituti di credito spagnoli ottenendo come garanzia anche i prestiti fantamilionari concessi a società sovra-indebitate. Del resto, le maglie delle garanzie con cui la Bce ha prestato soldi agli istituti di credito europei a tassi agevolati nell'ambito delle ultime due operazioni Ltro (a dicembre e febbraio) si sono allargate parecchio (sono stati chiesti in cambio anche titoli con basso rating).

Così, per reggersi su queste labili fondamenta il sistema del credito spagnolo ha bisogno di ulteriori prestiti da parte della Banca centrale europea. Lo stesso istituto che con il fondo salva-Stati (o fondo Esm, meccanismo europeo di stabilità permanente, che prenderà il via da luglio) dovrà ora occuparsi di staccare un assegno da 100 miliardi di euro per ridare ossigeno agli istituti spagnoli che hanno perso credibilità e hanno un problema reale di accesso al credito.

A tal proposito, ricorda Michael Hewson, senior market analyst di Cmc markets «ci sono molti punti non risolti, come il problema di dove reperire i 100 miliardi di euro per salvare le banche iberiche, perché non è chiaro se il denaro verrà dall''Efsf (fondo salva-Stati, ndr) o dal nuovo "European stability mechanism "(Esm, ndr), che sarà operativo da luglio. Se le risorse saranno prese dall''Esm, tutti i creditori avranno lo status di privilegiati e questo renderà più difficile trovare risorse per la Spagna, perché gli investitori non vorranno correre il rischio di essere gli ultimi della coda, in caso di un aggravamento della situazione del Paese. Il prestito farà salire il rapporto del debito della Spagna sul Pil del 10% e permane comunque l'incertezza sulla reale entità delle perdite del settore bancario spagnolo».

In ogni caso Rajoy non vuole chiamarlo salvataggio ma la domanda, comunque lo si voglia chiamare, a questo punto è se è giusto aiutare banche che per anni hanno assunto una condotta non impeccabile. Per il bene dell'Europa, dell'Eurozona, probabilmente sì. Ma sarebbe opportuno accompagnare questi prestiti con misure atte a disarcionare il circolo vizioso di cui soffre ora l'economia spagnola.

Perché con i soldi si può mettere una pezza ma se non si va al cuore del problema è difficile evitare che questo poi si ripresenti, a distanza, più forte di prima. Per dirla in breve: come si risolve il problema della bolla immobiliare in Spagna? Negli Stati Uniti dal 2008 al 2010 i prezzi degli immobili sono letteralmente crollati (si veda il caso Florida) in virtù di un mercato elastico. Ciò ha causato uno shock iniziale ma ha gettato le basi per una ripartenza dell'economia. In Spagna, invece, i prezzi non sono ancora scesi in modo netto (molti preferiscono non vendere). Questa rigidità sta evitando che la bolla scoppi in modo dirompente ma rischia di prolungare le lungaggini della crisi e vanificare piani di salvataggio di ogni sorta. Ingrossando la palla di neve che incombe sulla Spagna.

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