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Questo articolo è stato pubblicato il 02 luglio 2012 alle ore 23:05.

NEW YORK – L'euforia della settimana scorsa è già passata. A Wall Street i listini non sono andati oltre una performance appannata (in ribasso il Dow Jones, in aumento contenuto Nasdaq e S&P 500), frenati dalla preoccupazione che il rallentamento globale possa finire per colpire il cuore dell'economia americana, le piccole e medie imprese. Dopo il rallentamento del comparto manifatturiero cinese (l'ottavo di fila, secondo l'indice Pmi redatto da Hsbc), ad alimentare l'apprensione è stata la contrazione – la prima da luglio 2009 – registrata negli Stati Uniti (il dato Ism manifatturiero in maggio è crollato dal 53,5% al 49,7%, scendendo sotto la soglia psicologica del 50% che indica appunto contrazione).
Più nel dettaglio, il Dow Jones ha finito al di sotto della parità una seduta trascorsa interamente in negativo (-8,7 punti, lo 0,07%, a 12.871,39 punti). Sul listino i titoli si sono divisi equamente tra cali e rialzi (15 in aumento su 30), con performance negative da parte di Alcoa (-1,43%) e General Electric (-1,68%) e pessima per quanto riguarda du Pont (-2,25%). Dopo i ribassi della seduta, lo S&P ha invece trovato il guizzo per chiudere in positivo (+0,25% a 1.365,51 punti), nonostante il cattivo andamento degli energetici (maglia nera a Wpx Energy, che ha ceduto l'1,73%). Al di sopra della parità i finanziari, trainati da SunTrust Banks (+1,9%), dopo che Morgan Stanley ha alzato il rating della banca a "overweight" con target di prezzo a 29 dollari, e Barclays (+4,56%), con gli investitori che hanno accolto con favore le dimissioni del presidente del colosso finanziario britannico Marcus Agius. Si è invece confermato in aumento il Nasdaq, che ha guadagnato lo 0,55% a 2.951,23 punti. Da segnalare il ribasso di Dell (-1%), dopo l'acquisizione di Quest Software (+0,04%) per 2,4 miliardi di dollari, 28 dollari per azione.
Wall Street ha evitato cali più vistosi grazie alle buone notizie arrivate dal fronte immobiliare (le spese per costruzioni sono aumentate dello 0,9% a 830,01 miliardi di dollari, il massimo da dicembre 2009) e alla possibilità, ventilata da alcuni analisti, che la Federal Reserve possa presto avviare nuove manovre di stimolo per l'economia americana. Nonostante il recupero dell'azionario, le materie prime sono colate a picco (il greggio ha ceduto l'1,4% a 83,75 dollari al barile, ma era arrivato a perdere più del 2,5% nell'intraday), complice anche il rialzo del biglietto verde (l'euro è scivolato dello 0,65% a 1,2584 dollari). In rialzo invece i titoli di stato americani, con i rendimenti decennali e trentennali scivolati rispettivamente all'1,59 e al 2,69 per cento.
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