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Questo articolo è stato pubblicato il 17 luglio 2012 alle ore 08:02.

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di Luca Veronese

Arginata con grande fatica l'emergenza delle banche Mariano Rajoy deve tornare a occuparsi della recessione che in Spagna si prolungherà fino alla fine del 2013 e che rischia di rendere inutili i pesanti interventi di risanamento decisi dal premier conservatore, con quattro manovre in sette mesi di Governo.

Secondo le previsioni diffuse ieri dal Fondo monetario internazionale nel 2012 l'economia spagnola si contrarrà dell'1,5%, meno di quanto indicato in precedenza. Ma la recessione coprirà anche il 2013 con il Pil in ulteriore calo dello 0,6%, più di quanto stimato dal Governo. Per gli esperti dell'Fmi la Spagna toccherà il punto più basso della crisi alla fine dei quest'anno e dovrà attendere la fine del prossimo anno per vedere i primi segnali di ripresa. «L'Italia e la Spagna hanno fatto importanti passi nella giusta direzione sul risanamento dei conti e sulle riforme economiche», ha affermato da Washington il capo economista dell'Fmi, Olivier Blanchard. Le misure di austerity adottate avranno tuttavia un impatto negativo sul bilancio pubblico oltre che sulla crescita. Sempre secondo il Fondo, senza la manovra da 65 miliardi di euro annunciata dal Governo la scorsa settimana (ancora da definire nei dettagli e da valutare nelle ricadute) il deficit spagnolo sarebbe rimasto all'8% del Pil nel 2012 per scendere al 6,1% nel 2013: sforando quindi di nuovo i target concordati con Bruxelles.

Venerdì all'Eurogruppo, la firma del memorandum di intesa sul piano di salvataggio per gli istituti di credito spagnoli dovrebbe comunque chiudere almeno la fase più acuta della crisi del sistema finanziario iberico: i 100 miliardi di euro garantiti dall'Unione europea consentiranno a Madrid di ricapitalizzare le casse di risparmio più in difficoltà a partire dalla disastrata Bankia, con un margine abbastanza ampio di sicurezza rispetto al fabbisogno reale stimato tra i 51 e i 62 miliardi di euro.

Ma per Rajoy, che pure può contare su un'ampia maggioranza in Parlamento, il difficile viene ora. La Spagna ha accettato di essere di fatto commissariata: Bruxelles vigilerà con attenzione non solo sulla riforma delle banche ma in cambio degli aiuti pretenderà da Madrid il rispetto degli accordi sul deficit già rivisti per ben due volte quest'anno. «C'è un legame stretto tra gli squilibri macroeconomici, le finanze pubbliche e il buon funzionamento del settore finanziario», si legge nel memorandum che verrà firmato dalla Spagna e dagli altri sedici Paesi dell'area euro. Per questo «in accordo con le raccomandazioni già contenute nella procedura per debito eccessivo - così continua il protocollo - la Spagna si impegna a correggere la presente situazione di deficit eccessivo entro il 2014» e «le autorità spagnole si impegnano a realizzare le riforme strutturali» già avviate sul fisco, il mercato del lavoro, le liberalizzazioni e il comparto energetico.

Non ci sono più margini di manovra, Rajoy non può permettersi passi falsi o altre indecisioni. I partner europei hanno sorvolato sul deficit dell'8,9% con il quale la Spagna ha chiuso il 2011 dopo aver promesso di fermarsi al 6,5% del Pil, hanno accettato di modificare gli obiettivi di deficit per quest'anno e per il prossimi due, hanno concesso al Governo spagnolo un anno in più (fino al 2014) per portare il disavanzo sotto il 3% del Pil, hanno atteso che fosse Madrid a dare i tempi del salvataggio delle banche. Non c'è più tempo, come fanno capire gli investitori che hanno bocciato lo stesso piano europeo di salvataggio delle banche iberiche e hanno ricominciato a premere sui titoli del debito: tanto che ieri lo spread dei bonos decennali nei confronti dei rendimenti dei bund tedeschi di uguale durata è tornato vicino ai 560 punti base, annullando quasi per intero gli effetti positivi del vertice europeo di fine giugno nel quale Mario Monti era riuscito a far passare misure anti-spread e a sostegno delle banche che sembravano disegnate su misura per le difficoltà spagnole. Ma che se l'economia non si riprende non basteranno a portare la Spagna fuori dalla crisi.

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