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Questo articolo è stato pubblicato il 10 ottobre 2012 alle ore 07:27.

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James Tobin, l'economista premio Nobel da cui prende il nome l'imposta sulle transazioni finanziarieJames Tobin, l'economista premio Nobel da cui prende il nome l'imposta sulle transazioni finanziarie

La Tobin tax come il mostro di Loch Ness. Il paragone fu fatto dal premier Mario Monti citando la tassa sulle transazioni finanziarie che, proprio come la creatura leggendaria che vivrebbe nel lago di Ness in Scozia, per anni è apparsa e scomparsa dal dibattito: ma oggi con il via libera alla cooperazione per introdurla da parte di undici paesi dell'Unione europea, compresa l'Italia, la Tobin tax diventa più concreta.
Nel paragonarla al "mostro", lo scorso gennaio, in occasione di un incontro con il cancelliere tedesco Angela Merkel, Monti spiegò che la citazione era opera dello stesso James Tobin, l'economista premio Nobel che all'imposta ha dato il nome. E che Monti ebbe come professore a Yale.

La disponibilità di 11 Paesi
Con la disponibilità a parteciparvi espressa ieri all'Ecofin di Lussemburgo da 11 Stati membri, Italia compresa, si riaprono le prospettive di attuare finalmente, in almeno una parte dell'Ue, una tassa sulle transazioni finanziarie. Undici paesi sono due in più dei nove necessari per innescare una "cooperazione rafforzata", secondo le regole dei Trattati Ue. E la Gran Bretagna, da sempre contraria, non potrà porre il veto.

Si rischia una fuga dei capitali?
La tassa è molto criticata da chi paventa che finisca con l'incentivare la delocalizzazione delle attività finanziarie, aggravando la "fuga" degli investitori internazionali dall'Eurozona, ma è anche molto popolare politicamente per il suo innegabile contenuto etico e simbolico. E proprio a considerazioni di carattere politico interno sembra corrispondere, fra l'altro, il cambiamento di posizione del Governo italiano, inizialmente contrario alla "cooperazione rafforzata". La decisione è stata presa proprio nelle ultime ore, con il coinvolgimento del premier Mario Monti, secondo quanto aveva fatto capire lo stesso ministro dell'Economia Vittorio Grilli ieri sera a Lussemburgo, a margine dell'Eurogruppo.
La "Tobin" resta comunque una tassa di difficile applicazione, se non a livello globale. Nel caso fosse applicata da un singolo Paese o da pochi Paesi con aliquote differenti, ci sarebbe il serio rischio di alimentare la speculazione, anziché scoraggiarla. Gli investitori preferirebbero operare in Paesi detassati o potrebbero effettuare arbitraggi finanziari giocando tra le differenti aliquote.

Assosim: sarebbe distorsiva e inefficace
Una Tobin Tax «non è funzionale alla raccolta di nuove risorse per l'Erario» e «rimangono esenti da qualsiasi tassazione coloro che lucrano» ovvero «gli speculatori, i day-trader». Questa l'opinione del segretario generale dell'Associazione degli intermediari italiani mobiliari (Assosim), Gianluigi Gugliotta, in relazione all'ipotesi che la tassa sulle transazioni finanziarie serva a reperire risorse per la legge di stabilità. Gugliotta sottolinea poi che la Tobin Tax sarebbe «distorsiva, inefficace e che non se ne capiscono gli obiettivi». Per questo il segretario generale dell'Assosim ritiene opportuna «l'apertura di un tavolo di lavoro» volto «a individuare gli obiettivi» per realizzare «uno strumento che sia efficace e idoneo».

L'iter della nuova proposta
La Commissione attende che le pervengano, entro la metà di ottobre, le lettere formali di quattro degli 11 Paesi che parteciperanno alla cooperazione rafforzata (Italia, Spagna, Slovacchia ed Estonia), per poter poi presentare la sua valutazione giuridica sulla fattibilità dell'iniziativa, e poi varare, già all'Ecofin di novembre, la sua nuova proposta rivista, come ha annunciato ieri il commissario Ue alla Fiscalità Algediras Semeta. A quel punto, basterà un via libera della maggioranza qualificata dei Ventisette per permettere agli Undici di procedere nella cooperazione rafforzata.

La vecchia proposta
La proposta originaria della Commissione era stata presentata nel settembre 2011 e riguardava l'86% circa delle transazioni fra istituzioni finanziarie (compresi derivati, fondi d'investimenti ed hedge fund), prevedendo due aliquote minime diverse: lo 0,1% per gli scambi di azioni e obbligazioni e lo 0,01% per quelli sui derivati. Gli Stati resterebbero liberi di applicare aliquote superiori.
Per minimizzare i rischi di delocalizzazione, la tassa, sempre secondo la proposta originaria, doveva applicarsi a qualunque transazione riguardante almeno un'istituzione finanziaria di un Paese membro, anche se effettuata fuori dall'Ue. Nella nuova versione, questa condizione riguarderà i Paesi partecipanti alla cooperazione rafforzata invece che tutta l'Ue.

Introiti stimati a 57 miliardi
Secondo la Commissione, gli introiti dell'imposta a livello Ue sarebbero stati di circa 57 miliardi di euro all'anno. Un calcolo che bisognerà ora rifare, considerando che restano fuori dal sistema Paesi finanziariamente importanti come la Gran Bretagna e la Svezia, e Paesi dell'Eurozona come l'Irlanda e l'Olanda.

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