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Questo articolo è stato pubblicato il 18 dicembre 2012 alle ore 13:12.

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Se si guardano i dati della bilancia dei pagamenti i Piigs (e la Francia) non dovrebbero essere affatto soddisfatti. Perché prima di entrare nell'euro i dati erano certamente migliori rispetto a quelli odierni. Eccezion fatta per la Germania che invece, come evidenzia questo grafico, ha dato una straordinaria sterzata alla propria economia (basata per oltre il 50% sulle esportazioni). Penalizzate in particolare Italia e Francia, che ai tempi delle rispettive valute esibivano una bilancia dei pagamenti (che comprende sia la differenza tra esportazioni e importazioni di merci e servizi che quella dei flussi di capitali tra residenti e non residenti) in forte avanzo.

In questo travagliato 2012 - con le istituzioni di Bruxelles e i singoli governi mai così sotto pressione nel tentativo di risolvere le falle del sistema euro - però si è mosso qualcosa. Se si guardano, infatti, gli ultimi dati sulle esportazioni in Italia emerge che il 2012 si dovrebbe chiudere con un avanzo commerciale e tornare sui livelli del 2002. Nei primi 10 mesi dell'anno la differenza tra quanto l'Italia esporta e quanto invece importa fa +6,5 miliardi. Nel complesso, a ottobre, l'export italiano è cresciuto del 12%, contro il +10,6% della Germania ed il +8,5% dei Paesi della UE-27. Inoltre, il passivo verso la Germania è crollato a ottobre da 1,1 miliardi a 0,37 miliardi (e da 10,6 a 4,8 mld nei primi 10 mesi del 2012), con export +7,8% ed import -7,9%.

Dati incoraggianti, ma come leggerli? È possibile che dopo un lungo periodo di adattamento a una moneta forte (per Piigs e Francia) e debole (per la Germania) quale è stata sino ad ora l'euro, i Paesi più indebitati (e quindi più penalizzati da una moneta forte che ha difatti causato una rivalutazione monetaria appesantendo il debito) son diventati adesso più forti e meglio equipaggiati per essere ugualmente competitivi nonostante lo scotto di operare con il super-euro? Oppure la spiegazione è un'altra?

Il forte attivo nel manifatturiero
«L'Italia chiuderà il 2012 raddoppiando l'attivo commerciale manifatturiero, portandolo a circa 95 miliardi di euro - spiega Gabriele Roghi, responsabile gestioni patrimoniali di Invest Banca -. Gli storici attivi nella meccanica e nel tessile si sono ampliati a dismisura, il settore dei mezzi di trasporto è passato in 12 mesi da un deciso passivo a un attivo consistente, azzerati i deficit nell'industria alimentare e nella farmaceutica, e ridotti quelli nella chimica ed elettronica. Restano pesanti i passivi nei settori extra-manifatturieri, in primis nei combustibili e materie prime. Di fatto l'Italia nel settore manifatturiero è fortemente in attivo con tutto il mondo, ha quasi azzerato il passivo verso la Germania e mantiene un passivo colossale unicamente verso la Cina».

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