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Questo articolo è stato pubblicato il 02 gennaio 2013 alle ore 07:45.

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Al prestito sociale non si rinuncia, anche a costo di innescare una vertiginosa spirale di alta finanza. È il caso di Unicoop Tirreno che ha un ammontare di prestiti sociali di 1,3 miliardi, che seppur in diminuizione nel 2011 rispetto all'anno precedente di 123 milioni, è pari al 118% del fatturato.

La garanzia di Intesa Sanpaolo
Inoltre, poiché il rapporto "prestito sociale / patrimonio netto" è pari a 4,1 ed è, quindi, superiore al triplo consentito in via ordinaria dalla normativa di Bankitalia, per non rinunciare ai prestiti e ottemperare ai vincoli di vigilanza la Coop ha in essere con banca Intesa Sanpaolo una fidejussione che garantisce ai soci, in ogni caso, il rimborso del 30% del prestito (450 milioni di euro). Una garanzia suppletiva che nel 2011 è costata alla Coop 135mila euro e per ottenere la quale sono stati vincolati a pegno 477 milioni di titoli: un circolo vizioso (raccolgo prestiti, investo in titoli, chiedo la garanzia per avere più prestiti, metto a pegno i titoli comprati con i prestiti) che di fatto attua un'onerosa segregazione patrimoniale.

Del resto, dicono gli amministratori nella relazione al bilancio 2011, la raccolta dei prestiti da soci costituisce una fondamentale fonte di finanziamento per garantire lo sviluppo della cooperativa e occorre gestirla oculatamente. Come? L'asset allocation è così illustrata: non più del 30% del prestito è immobilizzato in attrezzature, impianti, partecipazioni in società quotate e immobili; non meno del 40% in titoli di Stato; la parte rimanente del portafoglio è investita in titoli obbligazionari e fondiari di emittenti qualificati e, in misura inferiore, in azioni e fondi comuni d'investimento e Sicav. Oltre che investimenti immobiliari non strumentali tramite la controllata Isc Spa.

Dai titoli di stato ai derivati
Poi, però, si legge nella nota integrativa che la Coop ha in essere investimenti anche in derivati di negoziazione: contratti a termine per speculare sulle oscillazioni dei mercati finanziari. E pensare che Bankitalia, con finalità prudenziali, vieta alle banche di credito cooperativo (Bcc) di utilizzare contratti a termine e altri derivati per assumere posizioni che non siano di sola copertura. L'impressione è che nella Coop i criteri posti a presidio della dichiarata gestione oculata siano molto elastici e troppo permissivi.

L'erosione del patrimonio
Considerato che la garanzia di restituzione dei prestiti è dichiaratamente rappresentata dalla sua solidità patrimoniale, rileviamo come Unicoop Tirreno, con un patrimonio netto di 313 milioni (che scende a 260 milioni nel consolidato per lo stralcio di 50 milioni di avviamento) copra solo il 14% dell'attivo. Le altre grandi Coop registrano, invece, un dato medio doppio pari al 29%. Intendiamoci, il patrimonio di Unicoop Tirreno è ancora rilevante, ma la sua erosione da parte dei risultati gestionali preoccupa. I bilanci 2010 e 2011, infatti, hanno chiuso entrambi con una perdita, rispettivamente, di 16 e 9 milioni, che salgono a 20 e 12 nel consolidato. Il collegio sindacale, nella sua relazione del 19 maggio 2012, osserva come la perdita continui ad essere generata, in maniera significativa, dalla gestione caratteristica.

L'operazione castello
Sindaci e revisori, poi, richiamano l'attenzione sulla contabilizzazione in bilancio della plusvalenza di 14,2 milioni (senza la quale la perdita 2011 sarebbe schizzata a 23 milioni), realizzata con un'operazione straordinaria di vendita di 10 immobili commerciali a Castello Sgr, gestore del fondo immobiliare Augusto. L'operazione è stigmatizzata, anche perché alla vendita ha fatto seguito la presa in locazione degli immobili dalla stessa società acquirente.

Sul fronte della gestione finanziaria, invece, gli amministratori ricordano come gli utili finanziari conseguiti nel 2011 concorrano in modo significativo alla formazione del risultato di bilancio e derivino dall'impiego della liquidità proveniente in primo luogo dal prestito sociale, realizzando interessanti rendimenti con costi di gestione contenuti. Come dire: perdiamo con il commercio, ma guadagniamo con la finanza. Senonché, subito dopo gli amministratori precisano che «le scelte di asset allocation attuate nel 2011 hanno generato un rendimento finanziario di portafoglio pari a -4,90%. Questo rendimento, calcolato diversamente da quello risultante dal conto economico, comprende tutte le svalutazioni derivanti dalle quotazioni … senza considerare la facoltà, di cui ci siamo avvalsi in sede di chiusura del bilancio, di mantenere fermi i prezzi di titoli di Stato e obbligazioni iscritti nel circolante al valore dell'anno precedente». I guadagni della finanza, quindi, sono solo contabili, perché ci sono minusvalenze, potenziali e non considerate, di circa 92 milioni. Fortunatamente nel 2012 lo spread è calato e i prezzi di mercato si saranno, più o meno, riallineati a quelli di carico. E i prestiti sociali come reagiscono? Dopo la marcata flessione del 2011 (-7,6%), gli amministratori mettevano in conto un ulteriore calo del 5% per il 2012, crisi e soci permettendo. Vedremo.

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