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Questo articolo è stato pubblicato il 24 agosto 2013 alle ore 13:27.

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Il Nasdaq impazzito per tre ore: si avvicina la resa dei conti tra mercati e tecnologia?

Il Nasdaq impazzito per tre ore senza più prezzi sui monitor dei trader, è stata probabilmente la proverbiale goccia che ha fatto traboccare il vaso nel sempre più conflittuale rapporto tra tecnologia e mercati finanziari. Si avvicina la resa dei conti, ha promesso l'americana Sec (Securities and exchange commission): «questo episodio dovrebbe rafforzare il nostro impegno collettivo ad affrontare le vulnerabilità tecnologiche dei mercati finanziari», ha detto Mary Jo White, presidente di Sec. Non è un fulmine a ciel sereno perché già a marzo Sec aveva proposto nuove regole per obbligare i partecipanti al mercato a policy e procedure precise con cui garantire sicurezza e affidabilità dei propri sistemi tecnologici. Sembra che stia finendo insomma la fase dell'auto regolamentazione tecnologica in finanza e si va verso l'imposizione di standard da seguire quanto all'installazione, gestione, test e supervisione dei software e dell'hardware di cui ormai la Borsa non può più fare a meno. E questo varrebbe non solo per gli indici come il Nasdaq ma per tutti i partecipanti al mercato, compresi quindi i trader, perché si è visto che il problema tecnologico di uno degli attori crea danni a tutto l'ecosistema. «E' un meccanismo delicato, che viaggia ad altissima velocità, dove gli scambi avvengono, automatizzati, con una rapidità tale che l'uomo non può controllarli in tempo reale», spiega Giampio Bracchi, docente di Ingegneria al Politecnico di Milano e tra i curatori del rapporto annuale della Fondazione Rosselli sullo stato e i problemi della Finanza italiana.

Quindi se un ingranaggio impazzisce, per l'errore di un programma, rischia di trascinare con sé l'intero sistema. Le variabili sono numerose come le componenti di una rete informatica. Nel caso del Nasdaq il blackout è stato causato, probabilmente (le indagini sono ancora in corso) da un errore di connessione tra il Nasdaq e il Nyse (New York Stock Exchange).
Un problema tecnico alla rete, quindi, per cause sconosciute. Il problema di Goldman Sachs, questa settimana, è stato causato invece da un errore di programmazione del software che fa gli ordini. Questo ha causato ordini involontari di vendita di un mucchio di stock option. Goldman infatti aveva usato un software interno che aiuta a determinare i prezzi a cui l'azienda può comprare o vendere le opzioni dei clienti. Il problema si è generato perché il sistema ha trasformato in ordini effettivi questi dati (che erano invece solo preferenze di acquisto o vendita), per di più presentando spesso un prezzo di default di vendita molto più basso di quello di mercato. I danni sono ancora da calcolare con esattezza, ma le prime stime riportate dal Financial Times parlano di 100 milioni di dollari persi e di un impatto su 400 mila contratti che Goldman ha con aziende come JPMorgan, Johnson & Johnson e Kellog.

C'è sempre un programma difettoso dietro il disastro Knight Capital dell'anno scorso. Le ha causato migliaia acquisti incontrollati fino a creare un portafoglio da 7 miliardi di dollari. Sembra che l'origine sia in un vecchio software di trading che è stato riattivato per errore. E via discorrendo: gli esempi di disatri tecnologici sono tanti al solito causati da limiti di un software o da sistemi informatici non proprio affidabili. Il problema è che questa inaffidabilità tecnologica il mercato non se la può più permettere. "I nostri sistemi e quelli di tutta l'industria devono raggiungere livelli di robustezza più alti", ha dichiarato l'amministratore delegato del Nasdaq Omx Group Inc., Robert Greifeld.
La sicurezza e l'affidabilità dei sistemi informatici deve aumentare, rispecchiando appieno il ruolo importante che ormai la tecnologia ha assunto nel mercato finanziario: evidentemente si è creato uno scarto tra le due cose, negli anni, per mancanza di attenzione da parte del regolatore. Il nuovo impegno di Sec in tal senso significa proprio questo: è venuto il momento di sottoporre la tecnologia usata dalla finanza a controlli rigorosi dall'alto, invece di lasciarla all'autoregolamentazione. «Equivale a fare questo: test migliori e più accurati sui software, magari con audit indipendenti. Una duplicazione più efficace delle infrastrutture tecnologiche utilizzate, per evitare che la caduta di un server o una rete paralizzi l'intero sistema. E servizi così sofisticati da permettere l'attivazione "a caldo" e in tempo reale del server di backup, per non ritardare gli scambi in caso di fermo di quello principale», dice Bracchi.

Da un altro punto di vista, più generale, dobbiamo trovare un miglior compromesso tra l'ormai inevitabile dipendenza della Finanza dalle macchine e il controllo di su questi sistemi. ll dilemma è tutto qui: «abbiamo bisogno, inevitabilmente, delle macchine perché altrimenti non potremmo gestire gli alti volumi di scambio su cui ormai si attestano i mercati. E abbiamo bisogno di algoritmi che calcolano in modo automatico e ultra rapido se e a quanto comprare, vendere, in base a complessi modelli matematici», dice Bracchi. D'altra parte, però, la Finanza ha un impatto su vite di uomini e aziende, sull'intera società, quindi non possono essere le macchine a tenere il volante. «Solo il cervello umano ha una capacità di sintesi per capire una situazione nel complesso, uscire dagli schemi, definire strategia di medio lungo periodo. Solo le persone possono comprendere che un certo schema seguito dalla macchina è sbagliato perché si regge su un errore di programmazione o su modelli matematici che non includono una variabile imprevista nel mercato», dice Bracchi. «La Finanza non è un sistema deterministico, è fatto di eventi e persone. Non tutto può essere previsto e quindi i modelli sono inevitabilmente imperfetti». «Affidare tutto a questi ultimi comporta il rischio di errori a cascata, che vengono amplificati dall'alta velocità dei sistemi», aggiunge. Un esempio è il tweet fasullo dell'Associated Press che ad aprile ha scatenato il panico a Wall Street: diceva di esplosioni alla Casa Bianca. L'account era stato controllato da un hacker: variabile imprevista e imprevedibile, che aveva portato il panico in Borsa (il Dow Jones ha perso 130 punti in pochi minuti, il dollaro crollava), perché si era innescata una reazione a catena, animata dagli algoritmi ad altissima velocità, che continuavano a vendere al ribasso.

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