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Questo articolo è stato pubblicato il 25 settembre 2013 alle ore 10:12.
Ore concitate per Telecom Italia, l'ex monopolista italiano della telefonia finito sotto il controllo degli spagnoli di Telefonica che per 350 milioni di euro hanno incrementato al 66% la quota in Telco, la società a cui fa capo Telecom. Un'operazione - l'ennesima sul made in Italy passato di mano a compagnie straniere negli ultimi mesi - che divide gli italiani dato che, difatti, dopo Vodafone (che prima era Omnitel e poi Infostrada e che adesso è una multinazionale), Wind (in mano ai russi) e H3G (in mano al colosso di Hong Kong Hutchison Whampoa) l'Italia perde definitivamente il settore delle tlc.
Questa mattina il presidente Franco Bernabé ha parlato in Parlamento (ha detto di aver saputo del riassetto Telco dai comunicati) mentre ieri il premier Enrico Letta (da New York) ha difeso la vendita di Telecom. «È una società privata, ma vigileremo». Nessun riferimento all'impatto che l'operazione avrà sulla bilancia dei pagamenti dato che le cessioni all'estero si iscrivono con il segno meno.
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Il titolo della compagnia resta sugli scudi mentre domani è previsto un consiglio e il 3 ottobre il cda. Focus: decidere se approvare un aumento di capitale.
Intanto mentre le banche italiane che nel 2005 diedero vita a Telco per difenderne l'italianità (segnando difatti il terzo passaggio di società in pochi anni, prima del quarto passaggio a Telefonica di 24 ore fa) hanno annunciato il piano di uscita (solo Mediobanca, che ha svalutato in bilancio ai prezzi di mercato, otterrà una plusvalenza di 60 milioni dato che Telefonica pagherà le azioni 1,09 contro una quotazione odierna di 0,58) sul futuro di Telecom pesa anche la possibilità di riuscire o cedere o meno il gioiellino sudamericano, Tim Brasil.
Nelle ultime ore gli analisti si sono sbizzarriti in report e target price sul titolo Telecom Italia. L'ultimo è arrivato questa mattina da S&P Capital Iq che dà un consiglio "hold" (mantenere) sul titolo con prezzo obiettivo 0,6 euro (in linea con la chiusura di ieri). Per Deutsche Bank invece il titolo è "buy" (comprare) con prospettive di allungo nell'arco dei prossimi 12 mesi (questo in media l'orizzonte di un report) fino a 0,9 euro. Secondo Sanford C. Bernstein & Co il titolo è "outperform" (performerà meglio del mercato) e potrebbe arrivare a 1 euro. Positivo anche il giudizio di ieri di Banca Akros "accumulate" fino a 0,65 euro. Sempre ieri è arrivato un "outperform" da Exane Bnp Paribas (0,75 euro).
I target price - per quel che valgono dato che alcuni studi documentano che nella maggior parte dei casi queste proiezioni non ci prendono - gettano quindi un velo di ottimisimo sul prezzo di un titolo che finora ha dato più dolori che gioie agli azionisti. A cui si frappone l'obbligo di prudenza dato che sul prezzo di Borsa incombe l'ipotesi di un aumento di capitale - tra le opzioni preferite da Bernabé - che solitamente non giova alle quotazioni (come dimostrano i recenti ribassi). Senza dimenticare le scottature del passato, che bruciano ancora. Lo sanno bene coloro che parteciparono nel 1997 alla "madre delle privatizzazioni" (così fu definita per l'ammontare dell'operazione che sotto la presidenza di Guido Rossi riguardava il 35,26% del capitale). Da allora, pur considerando le cedole annue distribuite dal gruppo, l'investimento resta in profondo rosso.
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