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Questo articolo è stato pubblicato il 08 dicembre 2013 alle ore 14:19.
L'ultima modifica è del 08 dicembre 2013 alle ore 17:46.

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Dove saremmo oggi senza l'Omt?
I governi avrebbero dovuto agire più rapidamente per affrontare le cause alla radice della crisi. Se le tensioni di mercato si fossero intensificate, i Paesi avrebbero potuto far ricorso all'Esm, dotato di risorse appropriate.

In Germania è appena stato firmato l'accordo di grande coalizione. La delude, in termini di mancanza di riforme strutturali? Molti, compreso il mondo dell'industria, ritengono che la Germania stia facendo marcia indietro sulle riforme, soprattutto sul mercato del lavoro, che hanno determinato il successo dell'economia nell'ultimo decennio, spesso additate come modello per gli altri Paesi.
Recentemente, ho fatto un discorso a Düsseldorf illustrando le sfide future per la Germania. Ci sono quattro importanti aree da affrontare. Primo, la Germania deve vedersela con una demografia sfavorevole, che si farà sempre più sentire nei prossimi anni. Secondo, a causa della globalizzazione, anche per prodotti ad alta tecnologia, le imprese saranno sotto crescente pressione da concorrenti dei mercati emergenti. Terzo, la politica fiscale dovrà ridurre l'alto debito pubblico. Quarto, deve cambiare completamente la politica energetica. Questa inversione a U sull'energia avrà un impatto profondo sulla competitività dell'industria e il potere d'acquisto delle famiglie. Ogni coalizione andrà giudicata sull'abilità di far fronte a queste sfide. Sono fiducioso che la coalizione entrante condivida questa ambizione. Ma Lei ha ragione nel sostenere che l'accordo fra i partner della possibile coalizione contiene alcuni elementi che rischiano di indebolire la sostenibilità del sistema previdenziale e ridurre la flessibilità del mercato del lavoro.

Ci sono stati casi di dissenso aperto fra la Bce e la Bundesbank, il più stridente il caso alla Corte costituzionale tedesca. Due membri del consiglio Bce, Lei e Jörg Asmussen, sono comparsi su fronti opposti. Non c'è pericolo che le continue divergenze danneggino la credibilità della Bce, che viene vista agire in contrasto con il suo principale azionista, ma anche della Bundesbank, che in molti casi è uscita perdente in queste discussioni?
Prima di tutto, entrambe le istituzioni, Bce e Bundesbank, sono state chiamate dalla Corte a comparire come esperti per una valutazione dell'Omt. Nessuna delle due era parte in causa. Quindi, non eravamo «su fronti opposti». Far parte dell'Eurosistema non vuol dire che dobbiamo sempre avere la stessa opinione, dopo tutto non siamo il Politburo. Va tenuto a mente che non era questione di poco conto: riguardava i limiti del mandato della politica monetaria. Inoltre, è naturale dibattere sul modo giusto per l'Eurosistema di affrontare la crisi. Ed è un dibattito salutare. Se l'opinione pubblica vede che stiamo discutendo apertamente e siamo consapevoli dei rischi degli effetti collaterali delle nostre azioni, questo dovrebbe aumentare la fiducia nell'Eurosistema.

Lei ha lavorato con Mario Draghi, negli attuali ruoli, per circa due anni. Come definirebbe il vostro rapporto?
Abbiamo una buona relazione di lavoro. Apprezzo Mario Draghi come un banchiere centrale di grande esperienza, sobrio, con una mente acuta. È sempre stimolante discutere con lui. Dipingere la nostra relazione come "Weidmann contro Draghi" è dovuto al desiderio dei media di creare dei titoli e non riflette la vera natura del nostro rapporto. Entrambi lavoriamo duramente per adempiere al nostro mandato: la stabilità dei prezzi nell'area euro. Su questo siamo pienamente d'accordo. Qualche volta, tuttavia, abbiamo opinioni diverse sul modo migliore di raggiungere l'obiettivo. Date le difficili domande cui dobbiamo dare risposta, questo non dovrebbe sorprendere.

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