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Questo articolo è stato pubblicato il 04 marzo 2014 alle ore 17:35.
L'ultima modifica è del 04 marzo 2014 alle ore 22:40.

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Pronto recupero per i mercati azionari europei all'indomani della grande paura per una possibile escalation del duello fra Mosca e Kiev dopo l'ordine dato da Vladimir Putin di sospendere le esercitazioni militari nei pressi del confine ucraino. Il Ftse Mib ha chiuso in progresso del 3,62% annullando le perdite della vigilia e registrando la miglior performance in Europa. Nuovi record intraday a Wall Street, confortata alle precisazioni del presidente russo. La borsa americana ha chiuso in rialzo con l'ennesimo record segnato dallo S&P 500 che ha chiuso a quota 1873,91 con un guadagno in giornata dell'1,53%. A condizionare il mercato l'apparente allentamento della tensione della crisi ucraina. Il Dow Jones ha guadagnato l,41% a quota 16395,76; il Nasdaq é cresciuto dell'1,75% a 4351,97 punti. In calo lo spread BTp-Bund a 182 punti (minimi dal luglio 2011), con il rendimento del decennale italiano al 3,42%. Poco mosso l'euro a 1,3730 dollari (cambio euro/dollaro e convertitore di valute), mentre l'oro e il petrolio hanno ceduto parte dei guadagni realizzati alla vigilia.

Piace la soluzione «soft»

Sono state ancora inevitabilmente le vicende legate alla crisi russa-ucraina a monopolizzare l'attenzione degli investitori nella giornata odierna dopo il crollo generale delle Borse in avvio di settimana. Il fatto che Putin, nella prima uscita ufficiale dallo scoppio delle tensioni, abbia stemperato gli animi ribadendo che al momento «non c'è la necessità» di inviare truppe russe in Ucraina sta favorendo le ricoperture da parte degli investitori . La possibilità di una soluzione «soft» del duello ha per il momento riportato la calma sui listini, mettendo così di nuovo in primo piano le vicende legate al panorama macroeconomico e alle scelte delle banche centrali.

Focus Piazza Affari

Sul listino milanese, come era lecito attendersi, gli acquisti hanno riguardato i titoli maggiormente colpiti ieri. Spicca quindi il rimbalzo delle banche, popolari in testa: Banco Popolare è salita di oltre l'8%, sostenuto anche dalla «promozione» degli analisti di Bofa Merrill Lynch che hanno migliorato a «buy» da «neutral» il giudizio sul titolo; Bpm ha guadagnato il 6%. Avanza anche Fiat dopo i dati sulle immatricolazioni in Italia e negli Usa diffusi ieri che secondo gli analisti di Intermonte sono «migliori delle attese» e «aumentano la visibilità su un buon primo trimestre 2014 per il gruppo».

Prosegue l'avanzata dei BTp

I titoli di Stato italiani segnano oggi un altro punto a favore dopo la tenuta, per certi versi inattesa, nella giornata densa di tensioni di ieri. «L'acquisto di Btp nello stesso tempo in cui vengono venivano vendute le azioni italiane e le banche in particolare - sostiene Claudio Barberis, responsabile asset allocation di Moneyfarm - è significativo e dimostra che agli occhi degli investitori internazionali il trend di convergenza degli spread italiani verso i titoli dell'Europa core è forte e destinato a continuare». I rendimenti raggiunti in questi giorni dal decennale italiano sono del resto ai minimi dal 2005, mentre il divario con la Spagna (il cui spread sulla Germania è comunque sceso oggi a 184 punti base) offre un'ulteriore testimonianza della rinnovata fiducia verso l'Italia.

La lunga attesa per Bce e «payrolls»

Sotto l'aspetto più squisitamente macroeconomico la giornata non ha invece presentato appuntamenti particolarmente rilevanti. Di secondo piano le aste di titoli pubblici in Europa (Austria, Belgio e Gran Bretagna), mentre l'indice sull'indice Ism dell'area di New York di febbraio è sceso a 57 punti da 64,4: una performance presumibilmente influenzata dal maltempo, e quindi temporanea. Per il piatto forte si dovrà attendere però giovedì, quando in programma ci sarà l'attesa riunione sui tassi della Bce, e venerdì, quando si chiuderà con il dato altrettanto importante ai fini delle decisioni di politica monetaria sul mercato del lavoro Usa. Intanto i prezzi alla produzione dell'Eurozona hanno registrato a gennaio una contrazione dello 0,3% rispetto al mese precedente e dell'1,4% su base annua, un dato che potrebbe preannunciare la temuta deflazione e influire sulle scelte di Francoforte.

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