Questo articolo è stato pubblicato il 20 gennaio 2011 alle ore 16:16.
Per un aspirante legale la prospettiva, spesso, è quella di affrontare un praticantato non retribuito che a poco a che vedere con la professione vera. Negli studi d'affari, però, la musica può essere ben diversa. Retribuzione iniziale superiore a 1500 euro mensili. Possibilità di lavorare da subito su casi di fusione o acquisizione o su contenziosi di alto profilo. E poi si può maturare una specializzazione specifica e puntare a diventare socio. In cambio sono richiesti curriculum eccellente, ottima conoscenza dell'inglese, una formazione economica oltre che giuridica, e molto fiuto per il business. Ecco le storie di chi ci ha provato.
Andrea è un praticante in un piccolo studio legale romano dove lavorano cinque avvocati. Guadagna 500 euro al mese per 3 giorni di lavoro a settimana. Gli orari di lavoro sono flessibili e la giornata si divide tra lo studio delle carte e il Tribunale. Giorgia è una praticante in uno studio d'affari milanese che conta circa 100 avvocati. Guadagna oltre 1500 euro al mese in cambio di una settimana lavorativa in cui le giornate finiscono spesso dopo l'orario di cena. Le riunioni con i clienti si alternano all'attività di ricerca nella biblioteca dello studio.
Le due identità sono il futuro dei due volti della stessa professione. In Italia gli avvocati sono oltre 200mila, ma i numeri non rappresentano le differenze all'interno di una variegata categoria in cui gli avvocati d'affari si trovano a fare un lavoro differente da chi percorre quotidianamente i corridoi dei Tribunali. Ecco in 5 punti le differenze tra i due volti della professione.
Attività - Gli avvocati d'affari sono prima consulenti e poi professionisti. Seguono gli aspetti legali di un determinato cliente e la loro destinazione è il Tribunale solo quando uno di loro è coinvolto in un contenzioso o in un processo di ristrutturazione. Proprio il restructuring, oltre al settore dell'energia e della proprietà intellettuale, è uno degli aspetti su cui gli avvocati d'affari sono più frequentemente coinvolti. Per questa categoria, infatti, la parola d'ordine è specializzazione.
Al contrario, chi lavora in uno studio più piccolo si trova spesso a lavorare su questioni differenti. «L'avvocato generico ha un rapporto quasi intimo con il cliente», commenta Silvia Surano, giovane avvocato generalista con una passione per il diritto civile. «Nei paesi più piccoli si va dall'avvocato di fiducia, quello che si conosce da sempre. Quando si trattano materie delicate come il diritto di famiglia il cliente ha bisogno di essere ascoltato, compreso, di confidarsi».
Guadagno - Quando si parla di soldi i calcoli sono presto fatti e le differenze tra avvocati generalisti e avvocati d'affari sono particolarmente marcate. Negli studi tradizionali il guadagno è correlato con l'attività svolta in un determinato periodo, e la crisi economica e l'elevatissima offerta di lavoro da parte di aspiranti legali hanno danneggiato la redditività del settore.
La stessa crisi ha colpito le law firm dove tuttavia a fronte di alcuni licenziamenti i professionisti sono riusciti a mantenere stipendi d'oro. Si parte da circa 1500 euro mensili per i praticanti e si passa da circa 200mila euro annui per un collaboratore con qualche anno di esperienza per arrivare in alcuni casi a un milione di euro ricevuto dai soci dei maggiori studi. Stipendi che a fine anno sono integrati da generosi bonus .
Sfide - «Il sovraffollamento della categoria non è a mio parere il problema maggiore», continua Surano. «Il contenzioso aumenta a causa della crisi, ma i clienti hanno difficoltà a pagare. Quindi si lavora con piccoli fondi spese consapevoli che i frutti saranno raccolti solo in futuro. Difficilmente un avvocato di piccole realtà rifiuta un cliente perché sa che non può pagare».
Ma anche gli studi d'affari si trovano ad affrontare sfide importanti, tra cui quella di accettare l'apertura del mercato a operatori internazionali e a società che offrono i servizi in cambio di parcelle più contenute. Mentre le law firm affrontano la sfida a colpi di marketing, strategie internazionali e "aziendalizzazione", «l'avvocato generico deve "coltivare l'orticello" e seguire la sua clientela anche nel momento più difficile, a costo di veder svanire il guadagno», aggiunge Surano. Una sfida comune è invece quella della tecnologia, che per gli studi di piccole dimensioni è collegata all'implementazione del processo telematico e per le law firm al knowledge management .
Carriera - Per tutte e due le sottocategorie le possibilità di carriera sono limitate dalla grande popolarità di questa professione. Secondo l'Osservatorio permanente dei giovani avvocati la nuova generazione di professionisti, che conta circa 43mila persone, è insoddisfatta. L'ingresso in uno studio d'affari permette invece di iniziare un percorso di carriera strutturato che offre una crescita delle responsabilità e dei guadagni graduale ma costante. Ma la selezione per entrare in una law firm è particolarmente dura. Tra i requisiti una laurea con votazione superiore al 105 e l'ottima conoscenza dell'inglese.
Stile di vita - «Nei due ambienti si lavora in modo differente», commenta Surano. «La struttura dello studio e l'organizzazione delle giornate lavorative è in funzione del tipo di lavoro che si svolge». Per l'avvocato generalista la mattina è in Tribunale. «Le file interminabili in cancelleria e uffici giudiziari, le attese per il proprio turno in udienze, le trasferte tra sedi centrali e sedi distaccate dei Tribunali portano via mattinate intere e se lo studio è piccolo difficilmente si hanno persone a cui delegare», commenta l'avvocato.
Gli avvocati d'affari specializzati in diritto commerciale sono in parte esonerati dal confronto quotidiano con la macchina della giustizia. In cambio devono spesso sacrificare in studio una parte della loro notte. Non di rado infatti il closing di una operazione di fusione o acquisizione ha scadenze brevi e ogni ora di lavoro è preziosa. Anche quando il sole è tramontato.