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Questo articolo è stato pubblicato il 17 marzo 2011 alle ore 09:18.

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Europa e coraggio, i perché di una festa. Nella foto il Presidente di Confindustria Emma Marcegaglia (Imagoeconomica)Europa e coraggio, i perché di una festa. Nella foto il Presidente di Confindustria Emma Marcegaglia (Imagoeconomica)

Non si possono avere dubbi. Sì, l'anniversario dell'Unità italiana merita di essere celebrato. Tanto che Confindustria sin dall'anno scorso ha deciso di unire in una medesima cornice il festeggiamento dell'Unità nazionale e il suo centenario. E proprio questo spirito fu colto e apprezzato dal videomessaggio del Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, alla nostra assemblea annuale del maggio scorso. Le sue parole sono state il miglior modo per unire idealmente il nostro centenario alla cornice nazionale in cui esso viene a cadere: i 150 anni dell'Unità d'Italia.

Il Capo dello Stato in questi mesi ha sovente richiamato l'intero Paese a rinnovare nel centocinquantesimo dell'Unità il valore profondo della nostra esperienza nazionale. Dai moti risorgimentali al compimento politico, amministrativo e istituzionale dello Stato Unitario, anelito popolare e lungimiranza delle classi dirigenti dell'epoca seppero insieme gettare in pochi decenni una radice profonda. Superando secoli di divisione e frazionamento che avevano allontanato il nostro Paese dalla scena della storia, l'Italia venne restituita alla possibilità di mettersi in pari con chi l'aveva preceduta nella realizzazione di un grande Stato nazionale, presupposto per la modernità e la crescita non solo economica, ma innanzitutto sociale, civile e culturale.

All'Unità italiana, i ceti imprenditoriali offrirono un apporto molto rilevante. L'unificazione del Paese, sin dai primi studi giovanili di Cavour e dalle sue esperienze in Francia e Gran Bretagna, non era solo un progetto di espansione dinastica e dello Stato sardo, ma la realizzazione di un più vasto mercato, la condizione per ottimizzare nuove tecniche agricole, l'espansione delle seterie e del tessile, una più ampia base per la manifattura agli inizi, l'abolizione di infiniti ostacoli daziari e protezionistici nel mercato interno. Tra i fondatori di Confindustria, un secolo fa, molti erano gli ex patrioti, che giovanissimi avevano impegnato la propria vita e spesso i propri averi, al servizio dell'Unità.

Era ex garibaldino Giovanni Battista Pirelli, il pioniere della gomma italiana. Aveva partecipato 18enne alle Cinque giornate di Milano, Giuseppe Candiani, e aveva combattuto nelle prime due guerre d'Indipendenza, prima di diventare ai primi del 900 guida della maggior azienda chimica italiana. La storia è inevitabilmente fatta di riletture critiche e continue revisioni. Nessuno può negare che nel processo unitario vi furono contraddizioni e anche generose illusioni, se pensiamo ai persistenti e gravi divari che a tutt'oggi restano da colmare nella diversificata realtà del nostro Paese e soprattutto al Sud. Ma niente di tutto ciò può mettere in discussione il valore dell'Unità.

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