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Questo articolo è stato pubblicato il 24 aprile 2011 alle ore 08:11.

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Oltre mezzo miliardo di euro. Per la precisione 508,45 milioni, investiti da regioni, province, camere di commercio in fondi di venture capital, destinati a far crescere le aziende, spesso start-up, considerate più competitive. Dal primo censimento compiuto dall'Aifi in esclusiva per Il Sole 24 Ore sulle iniziative pubbliche nel venture capital, emerge un vero e proprio tesoretto per la crescita: tanti soldi, forse anche troppi vista la (ancora) scarsa propensione delle imprese, specialmente le più piccole, a salire sul treno della finanza per correre più in fretta.

Dai 250mila euro messi a disposizione dalla Camera di commercio di Reggio Calabria con il fondo rotativo autogestito di seed capital per le nuove imprese hi-tech agli 80 milioni di quattro cdc lombarde per il fondo Finanza e sviluppo impresa (affidato a Futurimpresa Sgr), da un capo all'altro della penisola c'è veramente di tutto. Un ecosistema così variegato per taglia, finalità e segmenti che somiglia a una giungla, in cui per l'imprenditore, alla fine, può essere più facile perdersi che trovare l'appiglio giusto.

«Bisognerebbe trovare linee guida comuni, non si può pensare che ogni territorio abbia le sue misure», osserva la direttrice dell'Aifi, Anna Gervasoni, la prima a stupirsi dei risultati del censimento effettuato dai suoi funzionari: «Oltre a evidenti limiti di efficienza, ci sono anche problemi di comunicazione – ragiona –: troppo spesso queste iniziative sono conosciute solo a livello locale, ma in questo modo la platea è inevitabilmente ristretta e ci si priva di buona parte delle possibili sinergie».

Il nord, com'era prevedibile, registra la maggiore concentrazione di fondi. In particolare la Lombardia, dove tra gli 87 milioni messi a disposizione dalla finanziaria regionale Finlombarda (50 per il fondo Euromed, 37 per il fondo Next) e la già citata dote camerale, si arriva a 167 milioni, praticamente un terzo del totale. Piatto ricco anche per la Toscana, dove accanto alla Regione – che ha distribuito 96,4 milioni in tre diverse operazioni – si registrano le iniziative delle Camere di Prato (700mila euro) e Pisa (500mila), che si sono dotate di fondi rotativi per le Pmi hi-tech; su impulso regionale il Veneto può contare su 65 milioni, ma anche la Sicilia è terreno fertile per il venture di matrice pubblica con il fondo Cape di 34 milioni (gestito da Cimino e associati), mentre la Sardegna ha preferito concentrarsi sull'early stage: 35 milioni la dote del fondo Ingenium, affidato a Zernike Meta Ventures.

Certo è che, in un modo o nell'altro, la finanza si sta affermando come strumento per il sostegno al tessuto imprenditoriale con particolare riguardo per l'innovazione. «Certo non è l'unico modo, ma il venture capital anche in Italia si sta rivelando utile per diffondere la cultura imprenditoriale e la volontà dei nostri giovani a creare nuove Pmi e nuovi posti di lavoro», osserva Giancarlo Rocchietti, che dopo essere stato fondatore e presidente di Euphon dal 2009 presiede Piemontech, fondo di early stage lanciato da soci pubblici e privati (per questo non rientra nella mappa). In ogni caso, variabile determinante resta la taglia: quella del fondo e quella media delle operazioni che si vanno a concludere: «Quando si investe nelle singole iniziative per essere efficaci si tende a intervenire con somme comprese tra i 2 e i 4 milioni, mentre in Italia la dimensione ideale è compresa tra i 400mila euro e il milione. E dare troppi soldi a una nuova iniziativa non è un bene per forza».

È così che se i veicoli con poche decine di migliaia di euro in pancia finiscono per essere condannati all'impotenza, i fondi più grossi, paradossalmente, rischiano di essere ancor meno efficienti, costretti – in un orizzonte temporale limitato – a scovare 30-40 aziende target e concludere altrettante operazioni.
«Di per sé, tutte le taglie hanno ragion d'essere, purché trovino il segmento giusto in cui operare», interviene Michele Costabile, che oltre a insegnare marketing alla Bocconi è da poco più di un anno amministratore delegato della Sgr milanese Quantica: «C'è il seed, per le Pmi più piccole, ma anche il pre-seed per le start-up appena nate, ad esempio – ricorda –. L'importante è che ogni fondo trovi una sua identità e gli imprenditori siano in grado di comprenderla», dinamica purtroppo tutt'altro che scontata. «Però non dobbiamo dimenticarci – conclude – che l'Italia è ancora in una fase di sperimentazione, dentro la quale il flusso dei fondi strutturali ha spinto gli enti locali ha debuttare sul fronte del venture capital ma creato qualche inevitabile schizofrenia. L'importante è lavorare, tutti, per una razionalizzazione del sistema, in modo da approdare a un sistema basato su fondi regionali concentrati sui segmenti più bassi e su fondi nazionali aperti a investimenti più importanti».

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