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Questo articolo è stato pubblicato il 21 aprile 2011 alle ore 09:46.

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Il rilancio della rete confindustriale, per confermare la centralità della tutela delle imprese e la fornitura di servizi di qualità, attraverso un «marketing più analitico, capace di interpretare il fabbisogno e di coinvolgere anche quegli iscritti che oggi non frequentano con assiduità le iniziative confindustriali». Grande attenzione alla formazione dei giovani, per il ricambio della classe dirigente, «perché il buon esempio, se vogliamo che la politica ci segua, deve a partire dal mondo industriale». Un giudizio molto severo nei confronti della politica, che troppo spesso «lascia solo il settore produttivo e riesce a centrare gli obiettivi promessi, in termini di semplificazione burocratica, di innovazione e sviluppo».

Così i vertici territoriali di Confindustria si preparano, nel Nord-Ovest, all'appuntamento con l'assise generale, che dopo quasi vent'anni (l'ultima risale al 1992) torna a riunirsi il prossimo 7 maggio a Bergamo, a testimonianza del momento particolare che sta vivendo il Paese. Un incontro, che sarà scandito da otto sessioni tematiche e che, dal basso, vuole intercettare gli umori del mondo imprenditoriale e lanciare un appello forte a sciogliere i nodi che ancora bloccano la crescita.

«Non c'è crisi nel ruolo di Confindustria – commenta Sandro Cepollina, presidente della sezione ligure –. Anzi. Di fronte all'assenza del governo, impegnato su altri temi, oggi più che mai le imprese cercano sostegno nell'associazione. Certo, proprio per rispondere alle esigenze del tessuto economico, è necessario adattarsi ai cambiamenti che investono il mondo dell'impresa, ascoltando sempre di più le esigenze che arrivano anche dalle Pmi». «Compito degli industriali – fa eco la presidente del Piemonte, Mariella Enoc – è oggi più che mai quello di saper intrattenere un dialogo forte con le istituzioni, facendo anche da collante fra il livello nazionale e quello regionale».

«Confindustria – aggiunge Giovanni Calvini, alla guida dell'associazione genovese – ha fra le sfide quella della crescita dimensionale delle proprie imprese e del rafforzamento di quella media dimensione che oggi manca all'appello. Non a caso, fra le azioni che portiamo avanti a livello territoriale stiamo promuovendo la costituzione di un fondo di private equity, che possa essere capitalizzato dal fondo italiano di investimento, per dare uno strumento di supporto alla crescita».

Al primo posto, nella scala degli investimenti da affrontare, c'è poi la crescita delle nuove leve, che devono essere selezionate attraverso criteri di merito, in un rapporto di stretta collaborazione con i senior. «Avvicinare il mondo della scuola e dell'impresa, soprattutto per una realtà piccola come la nostra – commenta Monica Pirovano, presidente di Confindustria Valle d'Aosta – è fondamentale. Significa dare uno sbocco a chi si affaccia sul mondo del lavoro e, al tempo stesso, garantire il futuro del tessuto produttivo regionale. Per questo, la nostra sezione collabora sia con l'università che con le scuole tecniche». «È necessario – prosegue Calvini – che, specie in Liguria dove è alto il tasso di disoccupazione giovanile, parte delle risorse oggi impegnate per la difesa dei posti di lavoro siano rimodulate verso un nuovo approccio di welfare, che tenga conto del fabbisogno di personale con alte competenze».

Se l'associazione si rimbocca le maniche, molto critica è la posizione verso la politica e l'operato del governo. «La ricerca e l'innovazione – affonda Gianfranco Carbonato, presidente dell'Unione industriale di Torino – sono i fattori su cui si gioca il futuro dell'industria italiana e, più in generale, di tutto il paese. Affermazioni di questo tipo vengono riportate in modo anche pomposo in tutti i documenti ufficiali, ma guardando all'esperienza italiana, il giudizio non può che essere fortemente negativo. Oggi mancano scelte strategiche, non esiste un quadro organico che metta a sistema e ottimizzi le opportunità esistenti; ci sono carenze organizzative, manca coordinamento fra i diversi enti e non c'e programmazione delle risorse; le difficoltà burocratiche restano all'ordine del giorno».

«Deburocratizzare – proseguono la Enoc e la Pirovano – significherebbe dare un grande supporto alle imprese, ma quanto fatto fino ad oggi non basta. È un percorso ancora tutto in salita». «Per superare il gap – conclude Carbonato – il Governo deve credere nell'innovazione e sviluppo, non solo a parole, ma con i fatti. Attraverso una robusta politica fiscale, un'attenta identificazione dei settori trainanti in cui investire, il coordinamento delle diverse fonti di finanziamento e strumenti burocratici più snelli».

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