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Questo articolo è stato pubblicato il 13 maggio 2011 alle ore 06:35.

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Stop al «maxi-polo» delle reti energetiche tra Terna e SnamStop al «maxi-polo» delle reti energetiche tra Terna e Snam

di Laura Galvagni
MILANO - Il grande piano di riassetto del sistema reti, che considerava anche l'opportunità di creare un campione nazionale da oltre 22 miliardi di capitalizzazione, è stato congelato almeno per i prossimi dodici mesi, forse anche diciotto. Dopo che Terna da un lato e Snam Rete Gas dall'altro si sono applicate per studiare singolarmente soluzioni che valorizzassero le due aziende, anche per evitare di subire iniziative di terzi, l'intero dossier è stato momentaneamente accantonato.

Una decisione di matrice in parte politica e in parte manageriale e che ha portato a chiudere in archivio le due ipotesi maturate in questi mesi di studio, peraltro non per forza alternative l'una all'altra.

La prima opzione, emersa già nelle scorse settimane, recava la firma di Terna che nel lavoro sarebbe stata supportata, senza mandato formale, da alcune banche d'affari, tra le quali si è fatto il nome del Credit Suisse, storicamente molto vicino alla compagnia guidata da Flavio Cattaneo. L'idea era di una maxi aggregazione tra la società di trasmissione elettrica e il colosso del trasporto gas, con la prima, però, pronta a presentarsi all'appuntamento solo a valle di un rafforzamento patrimoniale.

Complice il verdetto della Borsa che, sulla carta, sancisce di fatto la supremazia "numerica" di Snam su Terna considerato che il gruppo guidato da Carlo Malacarne capitalizza il doppio rispetto a quello di Flavio Cattaneo: 15 miliardi a fronte di 7 miliardi. Il che, in caso di nozze, avrebbe impedito alla società di trasmissione di fare la parte del leone. Di qui l'idea di uno snellimento del perimetro di Snam, magari con la cessione di Italgas, e del contemporaneo rafforzamento di Terna attraverso un aumento di capitale.

Come è noto, Terna è controllata al 36% dal Governo, attraverso Cassa Depositi e Prestiti e il ministero dell'Economia e delle Finanze. Un simile progetto, di conseguenza, doveva per forza passare prima al vaglio del ministro Giulio Tremonti, che di fronte all'ipotesi di dover partecipare direttamente o indirettamente a un aumento di capitale ha subito fatto intendere che questo non è il momento adatto: non ci sono né i denari né le condizioni per poter dar seguito a un simile progetto.

Parallelamente anche il fronte Snam si è dato da fare, aiutato, anche in questo caso senza mandati formali, dal mondo finanziario con Deutsche Bank in prima fila. Il piano avrebbe fatto parecchia strada arrivando, come quello di Terna, addirittura sulla scrivania del presidente della Cassa Depositi e Prestiti, Franco Bassanini, e avrebbe come obiettivo finale quello di rendere Snam un campione europeo nel trasporto del gas. Un target che il piano intendeva perseguire a fronte dell'intervento diretto nel capitale della società della Cdp, con una conseguente diluizione dell'Eni, oggi azionista di controllo con il 50%.

Non è un caso, probabilmente, che in occasione della presentazione del piano industriale del Cane a sei zampe a Londra, l'amministratore delegato Paolo Scaroni, per la prima volta, abbia ventilato l'ipotesi di una cessione di parte delle quote Snam. Lo ha fatto dopo aver incassato dalla Ue e dal governo l'ok a una separazione esclusivamente funzionale della Snam (secondo il modello Ito, ossia independent transmission operator), scansando così il rischio vendita coatta, e precisando, in aggiunta, che le condizioni per poter prendere in considerazione una simile eventualità erano tre: «L'individuazione di un compratore, un prezzo con un premio che tenga conto delle peculiarità della società, e l'assenso del Governo». Il che, tradotto, può significare una sola cosa: l'acquirente deve vantare un profilo di alto, anzi altissimo gradimento. Caratteristiche che di certo appartengono alla Cdp.

Di qui l'idea di mettere su carta il piano della super Snam. Un progetto che fin da subito, oltre che nei vertici dell'azienda, ha trovato pieno supporto in Scaroni che si è detto immediatamente disponibile ad approfondire il tema, certo di poter trasformare l'azienda, e molto interessato all'idea di una Snam europea. Tuttavia, avrebbe anche preso tempo e per una ragione precisa: il quadro normativo europeo non è ancora sufficientemente chiaro, difficile tracciare con precisione in questa fase le direttrici di crescita adatte a Snam. È dunque prioritario, in questo momento, attendere che le regole europee vengano completamente uniformate in modo da poter cogliere le giuste opportunità.

Così se il Governo ha frenato le ambizioni di Terna per note contingenze economiche, Scaroni ha avviato una pausa di riflessione sul progetto della super Snam in attesa di avere a disposizione tutti gli elementi utili a una più ampia valutazione. L'esito è che il piano della società delle reti è finito nel congelatore. D'altra parte, il ripensamento sul colosso a controllo pubblico va ben oltre il settore dell'energia, prima ha toccato quello delle telecomunicazioni.

Come ha recentemente dichiarato l'amministratore delegato di Telecom Italia, Franco Bernabè, la rete per la società è un asset «che fa parte del core business e mai sarà oggetto di uno spin off». In più anche il progetto Ngn, quello di una maxi rete nazionale che porti la fibra ottica nelle case degli italiani, difficilmente vedrà poderosi balzi in avanti nel corso del 2011, il piano per la newco che dovrà realizzare i collegamenti è stato congelato.
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