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Questo articolo è stato pubblicato il 05 giugno 2011 alle ore 08:10.

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Il segretario della Cisl Raffaele BonanniIl segretario della Cisl Raffaele Bonanni

ROMA - «Negli ultimi tre anni l'Italia si è fortemente modificata: con la riforma dei contratti del 2009 è stato fatto un grande balzo in avanti sul piano partecipativo e della contrattazione. Lo dico a Marchionne: oggi c'è una condizione generale di forte comprensione delle esigenze delle imprese e di capacità di adattamento». Raffaele Bonanni, numero uno della Cisl, è stato ed è uno dei protagonisti di questo cambiamento: ha contribuito a realizzarlo, insieme alla Confindustria di Emma Marcegaglia e alla Uil di Luigi Angeletti, con la firma della riforma dei contratti, non sottoscritta dalla Cgil, che ha dato più peso al contratto aziendale e ha concesso la possibilità di derogare rispetto ai contratti nazionali, aumentando le chance di flessibilità.


Certo, ora di fronte all'azione giudiziaria della Fiom, «una mossa politica, che esula dai criteri sindacali», bisogna andare avanti. E un passaggio fondamentale è risolvere la questione della rappresentanza sindacale: «Bisogna arrivare a una certificazione degli iscritti per definire chi rappresenta chi. E da questo stabilire chi è in grado di firmare accordi perché ha la maggioranza degli iscritti. Un accordo firmato dal 50% più una testa, quindi dalla maggioranza del sindacato, deve aver un'applicabilità imprescindibile». Sarebbe una garanzia anche per la Fiat, oggi sottoposta ai ricorsi giudiziari della Fiom? «Sarebbe una soluzione per tutti i quindi anche per la Fiat, che è sottoposta a forti pressioni. Non è l'appartenenza a Confindustria, come ha detto Marchionne, che l'indebolisce, piuttosto è vero l'esatto contrario».


Non è la prima volta, però, che l'amministratore delegato del Lingotto denuncia l'ambiente poco favorevole dell'Italia, paragonandolo invece a quello che gli viene riservato oltreoceano...
Marchionne dovrebbe riflettere sulla storia italiana che vede protagonista la Fiat: per molti decenni c'è stata una sorta di scambio tra gli aiuti ricevuti dalla casa automobilistica torinese e la tolleranza con cui il Lingotto affrontava alcuni atteggiamenti sindacali che certo non si trovavano già all'epoca nelle fabbriche tedesche o francesi. Insomma, c'era tolleranza verso il sindacato antagonista che veniva ripagato attraverso denaro pubblico.

Ora è tutto cambiato, lo stesso Marchionne ha ripudiato la politica degli aiuti: trova comunque ingiuste le sue critiche?
Penso che l'ad della Fiat dovrebbe avere più attenzione e pazienza nei confronti della realtà italiana. Tenendo conto del passato e tenendo contro dei grandi cambiamenti che sono avvenuti, lo ripeto, in questi tre anni. Un altro mondo: l'opinione pubblica comprende molto più di prima l'esigenze imposte dai mercati globali; il ceto politico è meno invasivo; i lavoratori sono molto più consapevoli che la loro sorte dipende dalla salute delle aziende. Con la riforma dei contratti del 2009 è stato promosso un sistema di relazioni industriali partecipativo, alternativo a quello antagonista, capace di garantire adattamento e quelle flessibilità che all'occorrenza possono essere contrattate.

Le deroghe ai contratti nazionali?
Sì, le deroghe. Non sono una brutta parola: le deroghe sono contrattate, se le si contratta vuol dire che è conveniente per tutti lo scambio che si va a firmare tra azienda e lavoratori. L'ad di Fiat deve analizzare in modo più approfondito la situazione italiana: si rischia di svalutare la passione e la pazienza che noi, lavoratori e imprese abbiamo messo nel portare avanti la riforma, avviando un processo importante, già in grado di dare risultati importanti.

La Cgil non ha firmato la riforma del 2009: come si spiega che tutti i contratti nazionali siano stati siglati unitariamente, eccetto quello dei metalmeccanici?
Le nuove regole sono state e sono combattute da chi si riconosce nell'antagonismo, un atteggiamento che è stato sostanzialmente sconfitto: i contratti sono stati firmati unitariamente, Cgil compresa, in tutti i settori, come ha sottolineato anche il Governatore della Banca d'Italia, eccetto da chi si riconosce nell'antagonismo. L'atteggiamento della Fiom, che non ricalca la natura generale del sindacalismo italiano, fa dell'antagonismo la sua prima ragione di essere. La Fiom si sta ponendo anche fuori dalla sua stessa confederazione, arrivando ad azioni giudiziarie che sono il contrario rispetto alla natura stessa del sindacato.

Pensa che questa situazione possa cambiare?
Credo che questa situazione di forzatura della Fiom non sarà di breve durata. Dovremo fare i conti con una organizzazione antagonista, poco disposta a firmare accordi.

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