Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 03 luglio 2012 alle ore 07:58.

My24
Nella foto il ct Cesare Prandelli (a destra) durante una sessione di allenamento con Cassano (a sinistra) e balotelli (Ansa)Nella foto il ct Cesare Prandelli (a destra) durante una sessione di allenamento con Cassano (a sinistra) e balotelli (Ansa)

Per mettere bene a fuoco l'accaduto, tutto sta a decidere di quanto tornare indietro. Se di un mese, all'indomani dello 0-3 incassato dalla Russia nell'ultima (e unica) amichevole di preparazione, allora la finale raggiunta dall'Italia è certamente una grande impresa. Se invece di quattro giorni, dopo la magnifica vittoria in semifinale sulla Germania, lo 0-4 inflittoci dalla Spagna è poco meno di una tragedia: anche perché il risveglio così inatteso, così crudele, si è tradotto nella sconfitta più severa di tutti i tempi in una finale, europea o mondiale.

A Fiumicino, per fortuna, l'han presa bene. L'altra volta che gli azzurri in finale ne avevano beccati quattro, dal Brasile, 42 anni fa, era finita a pomodori. In scatola. Con Valcareggi e i giocatori costretti a ripararsi dai cecchini in un hangar di fortuna. Stavolta la comitiva è passata tra due ali di folla festante, canti, applausi, persino un accenno di inno di Mameli mentre il bus faceva rotta verso il Quirinale. Meglio così. Significa che al netto della feccia, quella che domenica notte si è scatenata con petardi e bottiglie contro il maxischermo al Circo Massimo e contro uno sparuto drappello di spagnoli a piazza Duomo, la "ggente", la "brava ggente" che ha riscoperto il fascino della maglia azzurra ha accettato il verdetto. Che suona a gloria degli spagnoli assai più che a disdoro dell'Italia.

Poi, certo, quella è una partita che se appena ripensi alla vigilia vorresti ad ogni costo rigiocare. Vale per chi l'ha vista, per chi l'ha disputata, vale anche per chi l'ha diretta se è vero che Prandelli in un accesso di candore ha pubblicamente ammesso di aver sbagliato a non cambiare di più, per rispetto di chi lo aveva portato in finale. Dichiarazione abbastanza singolare, che non può aver fatto la felicità di chi ha morso il freno e chissà cos'avrebbe dato per esserci né, tantomeno, di chi in campo c'è andato e si è battuto invano per contrastare la superiorità degli avversari. Senza contare che, indipendentemente dai cambi di formazione iniziale cui Prandelli alludeva, ne è arrivato uno, quello di Motta per Montolivo a trentaquattro minuti dalla fine che non aveva né capo né coda essendo oltretutto l'ultimo a disposizione. Perché sotto di due gol l'unica speranza azzurra potevano essere i supplementari. Cioè ulteriori trenta minuti da sommare a quei trentaquattro senza più lo straccio di un cambio con cui rimediare a un infortunio o tentare un ultimo assalto. Amen. Siamo un paese vecchio, ha detto anche Prandelli, con tante cose da cambiare. Avendo al suo fianco Abete e Petrucci, non proprio due virgulti di dirigenti, e un appuntamento serale col presidente Napolitano, qualche perplessità dialettica sul day after del Ct parrebbe lecita.

È storia vecchia, d'altra parte, che anche sbagliando s'impara. Prandelli ha sbagliato qualche cambio di troppo nel corso del torneo. Ma ha costruito un'Italia capace di tornare brillantemente all'onor del mondo dopo il disastro del mondiale sudafricano. Creando un ambiente compatto e solidale, rischiando con due soggetti difficili come Balotelli e Cassano ma vincendo a gioco lungo la sua scommessa anche sul piano comportamentale, non soltanto tecnico, battendo la strada del gioco pur dovendo a fare a meno di quelle amichevoli che avrebbero potuto dargli certezze o suggerirgli cambiamenti. Ma non esitando a mutar pelle proprio alla vigilia del debutto, una volta accortosi che la squadra non era sufficientemente protetta. E forse ( o senza forse) quel De Rossi tutor difensivo contro la Spagna dell'esordio sarebbe servito anche contro la Spagna della finale. Ma si poteva snaturare una squadra che soltanto tre giorni prima aveva fatto a fettine nientemeno che la Germania?
Basta. Questa squadra promette di avere un futuro. Il presente è di una Spagna che ci aveva tutti un po' illusi, sia facendosi stoppare dagli azzurri nella partita inaugurale, sia rischiando l'osso del collo nella semifinale col Portogallo, risolta da un palo interno sul rigore decisivo dopo che Ronaldo all'ultimo minuto aveva sprecato un ghiotto match-ball.

Invece, al momento della verità, i campioni si sono riconfermati tali. Giocando la partita perfetta, dal professor Xavi al finto centravanti Fabregas, dallo scatenato Jordi Alba al portiere Casillas e alle sue uscite chirurgiche in quelle due occasioni in cui i nostri saltatori avevano avuto la meglio sulle torri centrali Piqué e Ramos. L'Uefa ha giustamente premiato Iniesta come miglior giocatore del torneo. E nella rosa ideale dei 23, accanto a quattro azzurri che sono Buffon, Pirlo, De Rossi e Balotelli, ci sono la bellezza di dieci spagnoli. Cioè la squadra intera con la sola eccezione del terzino Arbeloa.
Un altro italiano che si è fatto onore è Pierluigi Collina, selezionatore e designatore arbitrale. Nessun dubbio che questo Europeo sia stato il meglio diretto della storia.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi

301 Moved Permanently

Moved Permanently

The document has moved here.