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Questo articolo è stato pubblicato il 02 dicembre 2012 alle ore 23:07.

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Volute a dispetto di tutti e di tutto quando solo evocarle sembrava un suicidio e osteggiate da tutta la nomenclatura del partito nessuno escluso, queste primarie del centrosinistra risultano a urne chiuse, con una vittoria netta oltre il 60 per cento, il vero capolavoro politico di Pier Luigi Bersani. Che le ha volute per riavvicinare la gente alla politica in tempi di antipolitica e di populismo dilagante e ci è riuscito: se è vero che oltre tre milioni di persone si sono messe in fila per votare dopo lunghe file e dopo aver sottoscritto un pubblico appello in favore del centrosinistra; se è vero che financo il demolitore Beppe Grillo, che a caldo aveva definito le primarie una "buffonata", ora le vuole imitare sia pure con votazioni on line per scegliere i candidati in Parlamento; e se è vero che il Pd, ritrovandosi anche per le gravi colpe del centrodestra unico vero partito nel panorama politico nazionale, è cresciuto in queste settimane nei sondaggi arrivando a rappresentare quasi un terzo dell'elettorato.

Ma la vittoria di Bersani va anche oltre il dato del 60 e passa per cento. Il segretario in quest'ultima settimana, oltre a confermarsi nettamente in testa nella sua Emilia Romagna, è riuscito a ribaltare il risultato in Umbria e Marche dove al primo turno era in testa Renzi. E anche in Toscana, unica regione in cui Renzi è restato in testa, ha accorciato le distanze passando dal 35% al 45%. Non è un dato da sottovalutare per gli equilibri interni del partito in vista del congresso del 2013: Bersani può dire di avere ancora dalla sua la base nella maggior parte delle regioni rosse.

Grazie all'energia e alla campagna di "rottamazione" lanciata da Renzi, il Pd del dopo primarie non sarà più quello che abbiamo conosciuto in questi anni. Nella geografia, nella nomenclatura, ma anche nell'anima. Non solo per il passo indietro di personalità come Walter Veltroni e Massimo D'Alema. Sono scomparse le correnti: niente più veltroniani (passati quasi tutti con Renzi), niente più dalemiani fioroniani bindiani ex popolari e quant'altro. Renzi sulla rottamazione ha vinto, ma ha vinto anche Bersani finalmente liberato dalla tutela della vecchia nomenclatura del partito. E se come sembra l'energia renziana sarà recuperata nel partito in una visione unitaria, si può dire che grazie al giovane Renzi Bersani può riuscire laddove nessuno è mai riuscito, nemmeno il fondatore Veltroni: fare del Pd davvero un partito nuovo, un'amalgama che va oltre le vecchie tradizioni politiche del Pci–Ds e della Dc-Ppi. Ora i democratici possono nascere davvero. «Bersani ora è fortissimo», ha detto l'ex premier dell'Ulivo Romano Prodi invitando il segretario a usarlo tutto questo potere. Per il cambiamento, appunto. E Bersani ne è consapevole: «Da domani ho due compiti – ha detto festeggiando la vittoria –: riuscire a dare un forte profilo di governo e cambiamento al centrosinistra, e predisporre percorsi e spazi per dare occasione alla nuova generazione».

Quanto allo sconfitto, non è un caso che la prima dichiarazione del braccio destro di Renzi Roberto Reggi abbia questi toni: «Non vogliamo creare una corrente nuova. Abbiamo portato al voto più di un milione di persone coinvolgendole in una entusiasmante avventura. Siamo a disposizione per mantenere alto questo entusiasmo, questa proposta. Bersani può usarla oppure no. È lui il segretario». Un riconoscimento che poco dopo arriva dallo stesso Renzi, che ha onestamente ammesso la vittoria netta di Bersani «che nessuna opinione diversa sulle regole può cambiare». «Noi abbiamo dalla nostra parte il tempo», ha detto il sindaco di Firenze facendo chiaramente capire che non si ritirerà a Palazzo Vecchio ma continuerà a dare battaglia per le sue idee dentro il partito.

L'invito esplicito di Renzi a Bersani è quello di tenere conto del progetto renziano, e di riuscire a parlare a quella parte dell'elettorato che si è tenuta lontano dai gazebo. «Ora bisogna parlare a tutto il Paese e non solo agli elettori di centro-sinistra», ha ricordato a tutti il candidato centrista alle primarie Bruno Tabacci. Parlare al Paese: in questo Renzi potrà dare un notevole contributo se Bersani saprà utilizzarlo al meglio. Come è presto dirlo. Anche se il bersaniano Dario Franceschini, a sua volta sconfitto da Bersani alle primarie del 2009 per la guida del partito, già evoca il ticket ricordando Barak Obama e Hilary Clinton.

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