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Questo articolo è stato pubblicato il 12 aprile 2013 alle ore 06:50.
L'ultima modifica è del 12 aprile 2013 alle ore 07:24.

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Nella foto il presidente emerito della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi (Imagoeconomica)Nella foto il presidente emerito della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi (Imagoeconomica)

Il metodo è fondamentale. E sarebbe veramente un bel segnale se si riuscisse a nominare il prossimo presidente della Repubblica con il metodo delle «larghe intese», esteso dunque a tutte le forze politiche rappresentate in Parlamento. «Non è un caso che i padri costituenti abbiano previsto per il presidente della Repubblica il mandato di sette anni e che alle prime tre votazioni sia richiesta la maggioranza di due terzi». Carlo Azeglio Ciampi osserva con preoccupazione ma senza indulgere alla rassegnazione il confuso evolvere del confronto politico, in vista dell'appuntamento del 18 aprile quando i «grandi elettori» cominceranno a dipanare la matassa sulla scelta del nuovo inquilino del Colle.
E allora servirebbe «il metodo Ciampi», presidente, quello che consentì di eleggerla al primo scrutinio il 13 maggio 1999 con 707 voti? «È fondamentale, come ha sottolineato più volte il presidente Napolitano, che si riprenda il filo del dialogo tra i diversi schieramenti. In Parlamento siedono nuove forze politiche, occorre dare loro il tempo di maturare. Se la scelta del nuovo presidente della Repubblica avverrà con il metodo della più ampia condivisione, si potrà anche sbloccare la partita sulla formazione del governo». Ma prima di tutto, per tornare ad attribuire alla politica e ai partiti il fondamentale ruolo che compete loro nel libero dispiegarsi della dialettica democratica, «è fondamentale ripristinare in fretta un principio, quello della moralità delle istituzioni e degli individui».

Ciampi riflette ad alta voce nel suo studio al Senato sulla crisi che sta attraversando il nostro paese: economica, politica, sociale. «Mi preoccupa soprattutto il livello raggiunto dalla disoccupazione giovanile». C'è un passaggio del suo ultimo libro, «A un giovane italiano», che il presidente emerito invita ora a rileggere e in qualche modo a trasmettere a un'opinione pubblica frastornata, sfiduciata: «La politica non è quella cosa sporca da molti irresponsabilmente predicata. La politica, vista come disinteressato impegno a servire le idee in cui si crede, è la linfa della democrazia. Se viene accantonata come un attrezzo ormai inservibile, la democrazia ne patisce alla lunga menomazioni gravi, irreversibili».
Dignità, rispetto, cultura delle istituzioni: concetti che nel suo ragionamento stanno a monte anche dell'affannosa ricerca di nuovi equilibri politici. Come dire che il collante che dovrebbe unire quanti hanno responsabilità pubbliche, a tutti i livelli, non può che passare attraverso il ripristino di una più alta soglia di moralità pubblica. «Occorre uscire subito dallo stallo, perché – sottolinea – la crisi è gravissima. Non sembra che si abbia l'esatta percezione che le priorità assolute, sulle quali dovrebbero convergere tutte le forze politiche, quale che sia il prossimo governo, sono crescita e occupazione. E occorre agire per rimuovere gli ostacoli che si frappongono alla crescita, primo tra tutti l'eccesso di oneri burocratici. Se l'economia riprende a crescere, si riduce automaticamente anche il debito pubblico, fermo restando che l'Italia dovrà comunque proseguire sulla linea della disciplina di bilancio, realizzando prima di tutto un consistente avanzo primario, come indicato negli ultimi documenti presentati dal governo».

Il nostro Paese – ribadisce Ciampi - ha le energie per emergere dalla crisi. L'insicurezza genera la paura. Ma abbiamo affrontato prove non meno ardue. «Calamandrei - ricorda il presidente emerito - era membro della prima sottocommissione alla Costituente presieduta dal democristiano Umberto Tupini, la stessa in cui erano presenti Dossetti, Togliatti e De Gasperi. Le varie forze politiche che avevano operato insieme per restituire l'Italia alla democrazia conservarono lo spirito di collaborazione necessario per portare a compimento il mandato che il Paese aveva loro affidato. Le sembra utopistico tornare a quello spirito costituente?».

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