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Questo articolo è stato pubblicato il 16 settembre 2010 alle ore 08:10.
È molto probabile che per Michael Strano, docente di ingegneria chimica al Mit di Boston, quest'anno porti qualche premio per le sue ricerche. Lui e il suo gruppo, infatti, hanno annunciato in rapida sequenza (dal 5 settembre in poi) tre scoperte giudicate da altri ricercatori "entusiasmanti": celle bio-solari che si rigenerano, antenne fotovoltaiche che concentrano la luce solare cento volte sulle tecnologie tradizionali. E infine inattese onde termiche capaci di trasportare grandi quantità di energia elettrica.
Il team di Strano ha inanellato queste scoperte grazie a un denominatore comune: il nanotubo in carbonio. Una struttura sintetica di atomi, di pochi miliardesimi di metro (nanometri) di diametro, creata (e ormai industrializzata) da più di vent'anni. E di cui sono via via emerse straordinarie proprietà elettriche e fotoniche. Che oggi il team del Mit sta ulteriormente approfondendo, in vista di possibili, e rivoluzionarie, applicazioni.
Prendiamo la prima scoperta, il bio-fotovoltaico (ad alta efficienza) che si auto rigenera. Qui il gruppo di Boston ha provato ad "ancorare" a un nanotubo in carbonio (connotato da altissima conducibilità elettrica) delle molecole sintetiche, dei fosfolipidi (a forma di nano-dischi) combinate con delle proteine (di origine batterica) che reagiscono alla luce e emettono elettroni (centri reattivi). In pratica un sistema fotosintetico artificiale, che produce energia elettrica con efficienza del 40% (doppia delle celle in silicio) ma si degrada rapidamente, sotto i potenti e distruttivi raggi solari, con autonomia di poche ore.
Ma la scoperta è venuta quando i ricercatori hanno provato a sciogliere in un solvente separando lipidi, nanotubi e proteine (danneggiate) e poi rimuovere, filtrando, il solvente stesso. Come per magia proteine, fosfolipidi e nanotubi si sono spontaneamente riassemblati nella configurazione fotosintetica iniziale, e perfettamente auto-riparati. Il processo è stato ripetuto più volte (con l'aggiunta di piccole dosi di nuove proteine) e l'efficienza fotovoltaica si è sempre ricostituita. «In pratica - rileva Strano - abbiamo imitato un trucco che la natura pratica da milioni di anni: la reversibilità spontanea delle strutture di fotosintesi». Come le cellule vegetali che usano l'ossigeno (come solvente) per autorigenerarsi di continuo sotto lo stress dell'energia solare.
Celle fotovoltaiche organiche che si auto-ripareranno (contro quelle attuali che accusano pesantemente il problema)? La strada è ancora lunga, ammette Strano. Per ora i suoi complessi fotochimici instradano nei nanotubi ancora quantità di energia limitate. E l'efficienza di conversione di fotoni in elettroni può salire dal 40% a ben oltre. Ma la strada è aperta, su questa frontiera inattesa.