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Questo articolo è stato pubblicato il 05 aprile 2011 alle ore 14:05.

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Google nel mirino delle autorità Usa. Sotto indagine anche Android e iOsGoogle nel mirino delle autorità Usa. Sotto indagine anche Android e iOs

Nuova, possibile, grana sul capo di Google. Dopo la denuncia depositata da Microsoft all'Antitrust Ue per chiedere conto della posizione dominante in Europa del gigante di Mountain View nei servizi di search advertising, è rimbalzata ieri dagli Stati Uniti l'indiscrezione secondo cui anche la Federal Trade Commission potrebbe avviare un'indagine approfondita per verificare i risvolti dell'acquisizione di Ita Software. La scalata da 700 milioni di dollari, al momento ancora non approvata dalle autorità americane, della start up specializzata nella vendita di biglietti aerei on line avrebbe infatti impatti sul mercato delle ricerche su Internet ed ecco spiegata la (possibile) decisione a procedere della Ftc.

L'operazione di Google era del resto già stata contestata esplicitamente da varie aziende rivali di Ita Software (Expedia, Travelocity, Kayak.com e Farelogix, oltre al consorzio FairSearch.org), a cui si era unita di recente anche la stessa Microsoft per indurre il Dipartimento di Giustizia Usa a bloccarla. Secondo un'accurata ricostruzione di Bloomberg, che cita persone vicine alla faccenda, la Federal Trade Commission starebbe aspettando proprio il pronunciamento del Doj, atteso a breve, prima di ufficializzare l'inizio dell'indagine.

Google insomma, che da questa parte dell'oceano ha visto crescere via via il fronte dell'opposizione (le denunce indirizzate alla Commissione Ue per abuso di posizione dominante hanno la firma dell'inglese Foundem, della francese Ejustice.fr e di Microsoft), rischia ora di trovarsi nella scomoda posizione per anni occupata dalla sua più grande rivale nonostante le ripetute professioni di ottimismo rese pubbliche in questi mesi dai vertici della compagnia e dall'ex Ceo Eric Schmidt in primis.

A destare infatti qualche lecita preoccupazione in quel di Mountain View c'è anche un'altra questione, legata alle applicazioni per smartphone. Questione di cui ne parla in modo esteso il Wall Street Journal, secondo cui la corte federale del New Jersey è pronta a far scattare un'indagine sulle apps per i telefonini che operano su piattaforma Android (Google) e iOs (Apple) e che, questa la motivazione alla base dell'autorità americana, raccolgono e inviano dati personali non necessari, mancando di trasparenza nei confronti dell'utente. Anche in questo caso, la decisione a procedere sarebbe arrivata dopo mesi di valutazioni e da quanto si apprende dal Wsj l'obiettivo è quello di determinare se e in che modo le applicazioni sotto inchiesta informano l'utente del fatto che i dati di quest'ultimo vengono trasmessi a terzi. In alcuni casi, per esempio, lo sviluppatore ha accesso al numero di serie del telefono o alla locazione dell'utente senza che vi sia una precisa e motivata ragione tecnica a giustificare tale assunzione di informazioni.

La prova che comunque il problema sussiste è certificata da un test effettuato internamente dal Wall Street Journal: di 101 applicazioni prese in esame, 56 trasmettevano il codice Imei dello smartphone e 47 la locazione geografica dello stesso. Addirittura cinque si spingevano oltre, raccogliendo dati quali l'età dell'utente, il sesso e altri dettagli personali. Poco meno della metà, infine, non offrono on line informazioni sulla gestione della privacy. Fra le apps sul banco degli imputati c'è anche Pandora, servizio musicale assai diffuso negli Usa. I suoi sviluppatori hanno subito messo le mani avanti riconoscendo di raccogliere le informazioni ma solo per migliorare il servizio offerto agli utenti ma rimane ovviamente aperta una grande questione che interessa trasversalmente il fenomeno il fenomeno delle apps, e cioè quello della profilazione degli utenti in relazione alla vendita di spazi pubblicitari. Con l'intervento delle autorità, che va ad interessare indirettamente le due regine di questo universo, Apple e Google, c'è chi ipotizza un possibile cambio sostanziale nel modello di business alla base dello sviluppo delle apps, con l'introduzione di paletti tendenti a salvaguardare la privacy dei consumatori. Sulla carta potrebbe anche materializzarsi la prematura fine – ma è assai più probabile che la pena si limiti a multe e sanzioni - di qualche software house che ha cavalcato, magari troppo allegramente, il successo di iPhone e Android.

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