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Questo articolo è stato pubblicato il 14 aprile 2011 alle ore 16:12.

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Quando internet aiuta lo sviluppo della democrazia? È una domanda per ricostruire il percorso di Evgeny Morozov, blogger e ricercatore universitario che sfida le convinzioni monolitiche dei guru del web. E ha dimostrato, per esempio, che pochi iraniani hanno scritto messaggi sul social network twitter durante le proteste di piazza a Teheran. Anzi, racconta nel suo libro "Net Delusion" che in Russia gli spazi di intrattenimento online spostano l'attenzione dei giovani dalla partecipazione civica. E negli ultimi mesi ha indagato sulle connessioni tra le manifestazioni in strada e l'attivismo online nelle nazioni del Nord Africa: Tunisia, Libia, Egitto.

Quella di Morozov è una biografia complessa. È nato in Bielorussia, la nazione dove sopravvive l'ultimo dittatore dell'Europa, il presidente Alexander Lukashenko. Ha partecipato a organizzazioni non governative impegnate per la democrazia nell'Europa orientale. Poi è entrato nella Open Net Initiative, un'associazione per difendere la liberà di espressione attraverso internet.

Ma ha conquistato l'attenzione dei blogger tre anni fa, quando ha scritto un post sulle proteste in Moldavia, al confine con la Romania: i manifestanti comunicano su twitter per amplificare la loro voce, come sarebbe avvenuto pochi mesi dopo in Iran durante la "rivoluzione twitter", quando gli studenti scendono in piazza contro i risultati delle elezioni presidenziali. E arriva una pioggia di messaggi sui social network.

Morozov, però, è stato tra i primi a dubitare dello slogan "rivoluzione twitter". Poco tempo dopo dimostra che in realtà soltanto una frazione delle comunicazioni proveniva dall'Iran. La maggior parte, invece, ha origine all'estero: gli utenti segnalano link o inoltrano altri micropost. E alimentano l'attenzione dell'opinione pubblica internazionale. Morozov scrive in quei giorni che l'attività sui social network è stata "un grande aiuto per portare le informazioni fuori dalla nazione. Ma se abbia contribuito a organizzare le proteste – un'idea che i media stanno dichiarando al momento- non è del tutto certo. Una piattaforma pubblica come twitter non è molto utile per pianificare una rivoluzione (le autorità potrebbero leggere i messaggi!)". E il suo blog, Net Effect, diventa un punto di riferimento per giornalisti, politici, analisti. Inotre pubblica articoli per la stampa internazionale: Economist, Wall Street Journal, Financial Times, Washington Post.

L'ex attivista della Bielorussia ha criticato altre volte l'ideologia di chi sostiene che internet sia sempre sinonimo di democrazia. Fino a scrivere un libro, "Net Delusion", che esplora i limiti delle "cyberutopie". Ricorda, per esempio, che la caduta del muro di Berlino è stata ricollegata alla diffusione di fotocopiatrici e fax che hanno facilitato la diffusione di messaggi per la libertà dietro la "cortina dell'informazione" nell'ex Urss. Ma, sottolinea Morozov, sono ipotesi prive di analisi dei contesti sociali, culturali e politici. Negli ultimi anni ha esplorato Runet, l'universo online delle Russia contemporanea: osserva che la proliferazione di contenuti di intrattenimento attraverso video e social network non incrina il consenso verso il Cremlino. Anzi, alcuni blogger sono diventati parte dell'establishment.

Nelle recenti proteste in Medio Oriente i social network come Facebook hanno contribuito a diffondere, anche all'estero, i messaggi di libertà. Soprattutto in Tunisia. Per Morozov è un'occasione di capire l'attivismo per la democrazia, in strada e su internet. Nelle ultime pagine di "Net Delusion" propone un manifesto per i "cyber-realisti": "Accetteranno che un mondo fatto di bytes può sconfiggere perfino la legge di gravità, ma non esiste assolutamente nessuna imposizione sul fatto che dovrebbe piegare anche la legge della ragione".

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