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Questo articolo è stato pubblicato il 09 giugno 2011 alle ore 21:00.

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Sul carro del computing a nuvola ci stanno salendo tutti, perché il cloud è oggettivamente uno degli elementi chiave su cui fondare la trasformazione dei data center aziendali. Per rendere questi ultimi più flessibili, meno avidi di energia e quindi anche meno costosi alla voce gestione e mantenimento. La lista degli attori che vogliono spartirsi la grande torta rappresentata dai servizi cloud è nota: annovera mostri sacri del Web come Amazon a Google e comprende giganti dell'informatica come Ibm, Microsoft e Hewlett Packard. Proprio la casa di Palo Alto ha fatto sapere, e a rendere pubblica la cosa (nel corso della User Conference di Las Vegas) è stato ieri l'altro il ceo Leo Apotheker in persona, di aver stanziato un budget di due miliardi di dollari per finanziare l'adozione e l'implementazione in azienda delle proprie soluzioni cloud.

In poche parole, i costi da sostenere da parte delle imprese per migrare sistemi e applicazioni nella nuvola saranno sopportati – attraverso strumenti finanziari come il "lease back" - da Hp tramite la sussidiaria Financial Services. L'obiettivo è in definitiva quello di mettere nella mani dei clienti denaro contante per poter procedere con gli investimenti acquistando dagli stessi alcuni asset da monetizzare e da concedere loro in uso tramite formule di locazione privilegiate. Perché questa mossa, molto gradita a detta di Hp dai Chief financial officer e per altro assolutamente non nuova per la casa californiana e per vari altri grandi vendor It? Per un semplice motivo: gli ingenti investimenti operati dalla società californiana sul fronte del cloud non si sono concretizzati, al momento, in un passaggio di massa di applicazioni e processi dalle infrastrutture fisiche (o virtuali) interne all'azienda a sistemi remoti gestiti da terzi. Migrare al cloud, soprattutto per una grande organizzazione, non è del resto operazione priva di difficoltà, sia dal punto di vista economico che soprattutto sotto il profilo organizzativo, vedi per esempio la gestione delle informazioni critiche frammentate su diversi sistemi.

L'intenzione di Hp è quella di rendere disponibile i finanziamenti di cui sopra entro la fine dell'anno e di avere, da qui a dicembre, un discreto numero di hosting provider e system integrator dalla sua parte, pronti a combinare i loro servizi con le soluzioni software della casa di Palo Alto. Che, nel frattempo, ha minacciato di avviare una causa contro la ex grande alleata Oracle se questa non farà un passo indietro relativamente alla decisione di abbandonare lo sviluppo di software per i sistemi basati su architetture Intel Itanium. La diatriba sui server fra le due compagnie è nota – Hp, di recente, ha bollato come fallimentare l'offerta della rivale a marchio Sun Microsystems – ed ora al centro della discussione ci sono "impegni giuridicamente vincolanti" che impedirebbero ad Oracle di perseguire l'intento di cui sopra. In ballo ci sono circa 40.000 clienti, ai quali Hp ha venduto server su cui gira il software della società di Larry Ellison. Da qui la richiesta formale inviata al quartier generale di Oracle, preludio a un'azione legale che avrebbe del clamoroso pensando alla solidità dei rapporti (incrinatisi del tutto per via della vicenda Mark Hurd, l'ex Ceo di Hp oggi al fianco di Ellison) in essere fra le due big dell'informatica mondiale solo qualche anno fa.

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