Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 18 giugno 2011 alle ore 17:23.

My24

La verità è nella nuvola». Parola di Steve Jobs. Con il tono di voce entusiasticamente pacato che ha trovato nella sua maturità, il leader della Apple ha raccontato pochi giorni fa la sua interpretazione del cloud computing, un concetto che sta segnando la storia dell'informatica guidata da internet. Una storia nella quale si va ridefinendo il confine tra le attività e conoscenze individuali e, come direbbe Thomas Malone dell'Mit, l'intelligenza collettiva che coordina i gruppi di persone con l'aiuto dei computer. Se questo è vero, il fenomeno non può che avere conseguenze significative anche sull'organizzazione del lavoro.

Ma che cos'ha di speciale il cloud computing? «Dieci anni fa ‐ dice Jobs ‐ abbiamo espresso una visione: tutta la vita digitale è centrata sul pc che registra foto e documenti, elabora i dati e accede alla rete». Un'idea che ha funzionato, ma che non corrisponde più alla realtà. Perché tutti gli strumenti che abbiamo ‐ il pc, il telefono, il lettore di musica, il tablet ‐ sono capaci di prendere foto o video, elaborare dati e comunicare. In quale di questi strumenti sta la 'verità'? «La nuova visione è che il pc è uno strumento come il telefono, il tablet e il resto. E per memorizzare i dati, sincronizzare le informazioni, far funzionare le applicazioni, tutti parlano con la nuvola». I grandi server assumono il ruolo centrale che consente di lavorare, in mobilità e in ufficio, in macchina e a casa, sulla stessa base di dati: la verità è nella nuvola.

Ma come cambia il lavoro? Autori come Don Tapscott, sostenitore della Wikinomics, puntano sull'idea di collaborazione. Quando si affidano ai computer compiti sempre più critici, il lavoro si trasforma radicalmente. Se la conoscenza è condivisa, la memoria è messa in comune, l'elaborazione personale dei dati si avvale della collaborazione, alla fine la dimensione personale e quella collettiva si confondono. Le relazioni dirette tra le persone, con le loro complessità, si confrontano con i sistemi motivazionali decisi dall'alto. L'aderenza ai progetti comuni prende il posto dei mansionari. E il luogo di lavoro non è più l'ufficio, la verità non è più sulla scrivania: è nella competenza che ciascuno porta con sé e mette al servizio del gruppo, da qualunque luogo si trovi.

Certo, la filosofia di Jobs è solo una delle possibili. Lui vede le funzioni della nuvola come un'integrazione di quelle dei suoi prodotti. Google centra invece il ragionamento sul web, e dunque sul browser, che da qualunque terminale può accedere ai servizi su internet. Microsoft pensa a sviluppare le capacità del suo sistema operativo come strumento di accesso alla cloud. Tutti offrono software, memoria, condivisione, via internet. Con modelli di business diversi. Amazon e numerose aziende specializzate nelle infrastrutture di connessione ‐ come Telecom Italia e Poste Italiane ‐ offrono soluzioni informatiche che si pagano per l'uso, abbattendo i costi fissi. I problemi non mancano, come dimostrano gli incidenti accaduti alle Poste, ad Aruba, a Sony, Amazon e Google. Privacy, sicurezza, interruzioni del servizio, sono i temi sui quali l'offerta deve maturare.

Ma il concetto è chiaro. Per le startup il risparmio è subito interessante: si può far partire l'azienda senza congelare la liquidità sull'acquisto dei computer e del software e senza assumere gli specialisti della gestione informatica. Ma per tutte le imprese è anche un'opportunità più grande.
Come nota la Deloitte Consulting (e come dimostrano gli esempi a pagina 3), le imprese che adottano servizi cloud sono anche quelle che consentono ai dipendenti di usare i terminali di loro scelta, che accettano la sperimentazione individuale e favoriscono la collaborazione tra i dipendenti. L'impresa cessa di essere un insieme di ruoli che eseguono le direttive del capo: diventa un insieme di persone che cercano di realizzare la visione del leader.

Un'opportunità, però, non è automaticamente un risultato. La cloud può essere vista solo come un taglio dei costi fissi. Può indurre a temere la perdita di controllo sui dati. Può introdurre complessità organizzative per le aziende troppo gerarchiche. Oppure può lanciare la valorizzazione del surplus cognitivo, del quale parla Clay Shirky, che vede l'intelligenza collettiva come la nuova frontiera dell'economia della conoscenza.
Quale sarà l'esito? Un informatico, giustamente, risponderebbe: «Dipende». Di certo, come osserva Shirky confrontando i risultati di Wikipedia con quelli di un'impresa blasonata come la Britannica, rischia chi non ci pensa.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi

301 Moved Permanently

Moved Permanently

The document has moved here.