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Questo articolo è stato pubblicato il 02 luglio 2011 alle ore 17:41.

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La crisi dell'editoria tradizionale ha colpito i giornali negli Stati Uniti più che in ogni altro paese del mondo. Lo segnalava l'Ocse in uno studio di qualche mese fa che riportava i dati del 2007-2009: il mercato dei giornali si è ristretto del 30% in America, contro il 21% del Regno Unito, il 20% della Grecia e il 18% dell'Italia. Non è un caso che proprio negli Usa si sia sviluppato un fecondo dibattito sulla relazione tra il business editoriale e la digitalizzazione dell'accesso all'informazione, con il conseguente avvio di una straordinaria quantità di innovazioni e sperimentazioni che potrebbero avviare a risolvere il problema. Al centro della dinamica innovativa c'è stato però un protagonista per molti osservatori inatteso, specialmente per un paese profondamente orientato al sistema di mercato: il sistema delle Fondazioni non profit ha trovato le risorse economiche e l'intelligenza culturale per sostenere con competenza il sistema dell'informazione di fronte al suo necessario adattamento al contesto digitale.

Una soluzione giusta? In fondo, obiettano alcuni, si tratta di risorse sottratte al fisco e dunque al bilancio pubblico – per volontà dei fondatori, in base alle regole americane – e destinate allo sviluppo di un settore economico che aveva fatto dell'indipendenza economica garantita dal profitto la base ideologica della sua indipendenza politica e culturale. Si potrebbe rispondere con Deng Xiaping che non importa se il gatto sia nero o bianco purché prenda i topi. Ma c'è qualcosa di più.

Il recentissimo studio voluto da Holger Wormer, direttore dell'Institute of Journalism dell'Università di Dortmund e realizzato con Lewis Friedland e Magda Konieczna dell'Università di Winsconsin-Madison è dedicato alle Fondazioni che si occupano del sistema dell'informazione americano. Wormer anticipa le possibili obiezioni osservando come l'informazione sia una ricchezza fondamentale per ogni democrazia e dunque abbia tutte le caratteristiche di un patrimonio di valore pubblico enorme, che il non profit può legittimamente sostenere. Del resto, l'apporto del non profit all'informazione ha una lunga storia negli Usa. Benjamin Franklin lanciò nel Settecento un'associazione pensata per favorire la lettura in America.

E la relazione tra la sfera pubblica e l'informazione è stata raccontata da Alexis de Tocqueville: «I giornali costruiscono le associazioni e le associazioni fanno i giornali: il numero dei giornali cresce con il numero delle associazioni».

Ma a quanto pare, le associazioni oggi preferiscono costruire gruppi su Facebook, le persone si tengono informate con Twitter, i blogger aggregano le loro comunità di interessi e, in generale, la tecnologia digitale favorisce e accelera lo scambio di informazioni come alimento delle relazioni dirette tra le persone. In questo contesto, qualcuno, come Clay Shirky, esperto del mondo digitale, è arrivato a «pensare l'impensabile: che cosa succederebbe se sparissero i giornali? Le rubriche sul giardinaggio o le notizie sportive arriverebbero ugualmente.

Ci mancherebbe il giornalismo investigativo e la narrazione sistematica delle vicende locali e internazionali». Il non profit ha affrontato queste questioni con una grande efficacia, osserva Wormer.
Mancano i dati, dice lo studio di Wormer, ma si può dire che negli ultimi dieci anni il non profit ha contribuito allo sviluppo del sistema dell'informazione con più di un miliardo di dollari. La Knight Foundation ha contribuito con il 40% di tutti gli investimenti non profit all'informazione. Finanza innovazione tecnologica, con l'università e le imprese. Finanzia la ricerca sui nuovi modelli di business. E finanzia le aggregazioni di cittadini che intendono contribuire al sistema dell'informazione con una certa qualità. I Pew Charitable Trusts investono nello studio e nel monitoraggio delle condizioni in cui versa il giornalismo oltre ad aver sostenuto molte iniziative di informazione civile. Il J-Lab ha finanziato dal 2009 46 start-up dedicate all'informazione sulle comunità locali. ProPublica, fondata da Herbert e Marion Sandler, ex banchieri, mette a disposizione 10 milioni l'anno per il giornalismo investigativo realizzato da una redazione straordinaria guidata da Paul Steiger, ex direttore del Wall Street Journal: negli ultimi due anni ha vinto 2 premi Pulitzer.

Un ecosistema dell'informazione sano è dotato di diversità: nei modelli di finanziamento, nei punti di vista, nelle forme espressive, e così via. Il non profit si è conquistato un posto di rilievo nell'ecosistema americano. E Wormer sostiene che lo stesso modello andrebbe importato in Europa. Ce n'è bisogno.

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