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Questo articolo è stato pubblicato il 02 luglio 2011 alle ore 17:44.

A distanza di oltre un secolo, tornano attuali – sotto forma di eredi computerizzati – i rulli di pianola, quelli che facevano suonare da soli i pianoforti. Certo lo scopo – oltre alla tecnologia – è molto diverso. Gli autopiani erano il primo passo verso la riproduzione sonora, mentre i nuovi esperimenti di automatismo strumentale sono vòlti a capire quanto una macchina possa avvicinarsi all'uomo non solo dal punto di vista performativo, ma anche da quello interpretativo.
La resa espressiva della performance musicale è al centro del Rencon (sigla per rendering contest) che si svolgerà a Padova il 6 luglio, all'interno della conferenza Sound and Music Computing (8 giornate sul mondo dell'elaborazione musicale, dai sistemi computazionali alle modalità di sintesi, restauro, compressione del suono). Il concorso è stato ideato dai giapponesi e, dopo Giappone e Stati Uniti, approda per la prima volta in Italia. E premierà il miglior sistema di "performance umanizzante": l'esecuzione computerizzata di un brano musicale che maggiormente comunica le emozioni come se a suonare fosse un interprete in carne e ossa. Sergio Canazza, docente del dipartimento di Ingegneria dell'informazione dell'Università di Padova e organizzatore del contest, spiega: «Si partecipa facendo leggere a un pianoforte Disklavier, attraverso il sistema informatico creato da ogni partecipante, delle partiture classiche. Vince chi più si avvicina alla performance umana».
Ma davvero abbiamo bisogno di suonatori automatici? «Siamo spinti – prosegue Canazza – da uno spirito di ricerca puro, vogliamo capire che genere di emozioni applica un esecutore ogni volta, se queste si possano catalogare e che grado di approssimazione imitativa si possa raggiungere con un sistema informatico». I giapponesi invece giocano – ma neanche troppo – con uno slogan a effetto: con l'avanzamento di questo genere di tecnologie nel 2050 un sistema automatico dovrebbe vincere il premio Chopin. Il che ci sembra mirabile ma poco plausibile, oltre che senza senso.
Performance umanizzate
Per realizzare il sistema si studiano con mezzi informatici le esecuzioni per riconoscere le microvariazioni che il musicista mette in campo per far arrivare certe emozioni piuttosto che altre.
Una volta collezionate le emozioni le si confronta, si analizza il segnale audio e si creano dei modelli informatici che permettono di replicare l'esecuzione.
I dati elaborati costituiscono il sistema che legge la partitura eseguita dal Disklavier in modo automatico o guidata dall'equipe che apporta delle modifiche in tempo reale.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
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