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Questo articolo è stato pubblicato il 02 luglio 2011 alle ore 17:44.

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«Sarebbe possibile descrivere tutto in termini scientifici, ma non avrebbe senso e sarebbe insignificante come descrivere una sinfonia di Beethoven come variazioni d'onde di pressione». Così disse Albert Einstein. Questa affermazione ritorna nei ragionamenti di Idan Segev, professore di Neuroscienze computazionali e primo direttore del Icnc (Center for neural computation) dell'Università di Gerusalemme (Elsc).

Dal 2005 Segev e il uso gruppo lavorano a Blue Brain un progetto di Ibm ambizioso e visionario che vuole costruire un modello computerizzato di un intero segmento della corteccia cerebrale di un mammifero, con l'obiettivo di scoprire come variazioni minime nel network corticale possano dar luogo a malattie degenerative. «I ricercatori nel mondo – ha spiegato il professore che parteciperà al BrainForum di Milano – hanno due obiettivi: la creazione di un database chiaro e accessibile a tutti gli scienziati per avanzare la comprensione del cervello; la creazione di un modello matematico che sia utilizzabile dai computer e imiti il funzionamento del cervello».

L'urgenza però è quella di comprendere il principio matematico che unisce il livello strutturale ed elettrico nel comportamento. O per meglio dire capire come si realizza il comportamento, la coscienza o il pensiero, da una serie di bits elettro-chimici in una certa rete nervosa. Il progetto Blue Brain è un approccio in tale direzione che però richiede supercomputer potentissimi e ingenti risorse. Studiare il comportamento del sistema partendo dalle neuroscienze di base e quindi dai principi fondamentali del funzionamento del sistema nervoso (equazioni, etc) comporta investire risorse sulla costruzione di modelli dettagliati di aree ristrette del cervello da uno stadio molecolare. Blue Brain intende analizzare singoli frammenti di corteccia cerebrale.

Hanno iniziato a sezionarla in colonne in modo da ottenere reti neuroniche composte da 10mila cellule collegate tra loro da miliardi di sinapsi. Per la simulazione adottano un supercomputer da almeno 10mila processori. Ma potrebbe non bastare. «Rispetto a un anno fa – racconta lo scienziato –. abbiamo compiuto dei passi in avanti, sezionato un'altra colonna e siamo andati avanti con le simulazioni. Abbiamo deciso di lavorare insieme al progetto europeo Human Brain Project (Hbp), proprio perché questo tipo di studi richiede più risorse e maggiori collaborazioni con gli altri scienziati».

Partire dalle molecole e dagli atomi per comprendere la fisiologia del cervello, spiega, è un approccio che richiede più collaborazione fra i laboratori, ma soprauttuto vuole mettere a fattor comune strutture informatiche di ricerca. Il vantaggio di questo approccio è quello di poter lavorare su lungo periodo. Il limite è però che applicazioni a breve non sono in vista. In prospettiva, spiega Segev, possiamo guardare allo sviluppo di farmaci che agiscono su molecole e per questo richiedono un livello di veridicità del modello molto alto.

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