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Questo articolo è stato pubblicato il 16 luglio 2011 alle ore 15:39.

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La carta che si illumina, presentata dalla Nth Degree Technologies, altro non è che un primo esemplare di carta cosparsa da una rete regolare di micro-led deposti in altrettante cavità, connessi tra di loro. Con 8 watt elettrici una simil-lampadina in carta produce una luce piuttosto forte. Ma, secondo la startup nata alla Clemson University, c'è spazio per ridurre a 2 i watt e per aumentare la luminosità di almeno il 50 per cento.

Anche il Mit è attivo sulla frontiera della printed electronics. Lo testimona la presentazione, pochi giorni fa, dei primi esemplari di fogli di carta fotovolaici annunciati in un paper su Advanced Materials da un gruppo di nove ricercatori. Il processo di stampa delle celle solari si basa su vaporizzazione a bassa temperatura, adatta alla carta normale. Le celle sono robuste ma ancora a basso rendimento, intorno all'1 per cento.

Il centro IIT-Politecnico di Milano, con i suoi 39 ricercatori (alcuni tornati in Italia dall'estero) punta al fotovoltaico organico e sulla printed electronics. Per esempio sulle celle a coloranti, basate su molecole fotosensibili. Un campo promettente, ma di ricerca avanzata sulla chimica. Non solo. Nel mirino vi sono anche i film sottili in silicio nanometrico ordinato per intrappolare i fotoni. Anche su fogli di plastica. O persino su carta.

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