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Questo articolo è stato pubblicato il 16 luglio 2011 alle ore 15:33.

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Nei mercati finanziari si guadagna o si perde in ragione della velocità delle operazioni: e si compete sui millisecondi. «Ma ce ne vogliono migliaia, di millisecondi, per pigiare il tasto di un mouse» dice Kevin Slavin di fronte all'attenta platea di Ted. Slavin studia i comportamenti delle persone coordinati dalle macchine: «La finanza dipende dagli algoritmi del software che governa le operazioni».

Il fondatore di Area/Code, esperto di forme di interazione complesse mediate dai computer, racconta la finanza come un grande insieme di programmi che nessuno può controllare individualmente: «Gli algoritmi funzionano automaticamente, interagiscono in modo complesso, non se ne può comprendere il senso generale». Nòva24 ne ha dato conto qualche settimana fa. Nell'insieme, i mercati appaiono come una struttura superumana: «È una realtà creata dagli uomini ma che ormai li sovrasta. Un'entità tecnologica, frutto dell'evoluzione umana, che però porta l'evoluzione un passo più avanti».

È una sorta di mantra. Se n'è accorto il pubblico di Ted, la conferenza sull'innovazione che quest'anno si è tenuta a Edimburgo: il concetto di evoluzione si estende dalla natura alla tecnologia. La selezione del più adatto, che si realizza attraverso un processo di 'prova ed errore' ma seguendo le regole generali di un 'ordine emergente', è ormai anche la logica dell'evoluzione tecnologica. Una sorta di convergenza tra natura e cultura cui le persone assistono attonite, come Slavin nel contesto della finanza. O razionalmente ottimiste come Matt Ridley, scrittore e imprenditore. E la domanda latente è paradossalmente la stessa: se nella prospettiva della lunga durata l'evoluzione sembra sovrastare l'azione individuale, come avviene che qualcuno provi, e talvolta riesca, a modificare il corso delle vicende umane? Se l'evoluzione ci cambia, possiamo cambiarla a nostra volta? Scienziati, imprenditori, attivisti, a Ted, dimostrano di crederci.

Certo, guardando la storia come Lee Cronin, chimico, non c'è molto spazio per la volontà. Cronin tenta di scoprire come nel miscuglio di atomi del quale era fatta la Terra 4 miliardi di anni fa sia nata la vita. E studia la selezione naturale delle forme assunte dalle sostanze inorganiche: «Se la materia evolve, allora è viva». Anche senza carbonio. «Una vita di silicio e altri atomi sta tutt'ora evolvendo, anche in altri pianeti». L'ordine emerge dalla lotta per la sopravvivenza. E gli umani, racconta il genetista Svante Paabo, si sono evoluti spostandosi dall'Africa, mescolandosi ai Neanderthal, diffondendosi ovunque in piccoli gruppi di individui. Fino a quando, circa 200 mila anni fa, spiega Mark Pagel, studioso dell'evoluzione, hanno elaborato il linguaggio. È un passaggio chiave. Consente di trasmettere informazioni senza che altri, che non conoscono il codice, le possano copiare: aiuta a progredire sulla base della conoscenza acquisita con la cooperazione, generando identità di gruppo. Lo stesso apprendimento, dice Annie Murphy Paul, è a sua volta guidato dalla necessità di sopravvivere. I bambini imparano già nella pancia della madre: nascono dotati delle informazioni utili per riconoscere chi li aiuterà. Cultura e natura non sono separate: la prima è strumento di sopravvivenza nel caos ordinato della seconda. Sicché la stessa immagine della funzione del cervello diventa meno 'culturale': non è l'organo che genera le idee, dice Daniel Wolpert, neuroscienziato, ma quello che controlla il movimento. Questa è la base della sua logica evolutiva. Un bello smacco per chi pensava di pensare.

Eppure, adattandosi alle logiche dell'evoluzione, gli umani ne cambiano il corso. Cynthia Kenyon, biochimica, indagando intorno alle mutazioni che allungano la vita dei vermi Caenorhabditis Elegans, ha trovato un ormone che interviene in caso di crisi per difendere le cellule. «Crediamo si possano sviluppare medicine che arrivino ad allungare la vita». La tecnologia si fonde con la natura fino a modificarla. Come fa Todd Kuiken, ingegnere biomedico, che ha costruito braccia artificiali che possono essere governate direttamente dal cervello.

La risposta dunque c'è. Possiamo intervenire sul nostro destino, individualmente e come specie, se sviluppiamo consapevolmente le nostre opportunità. Con la ricerca, l'educazione e l'informazione. Ci crede, Bunker Roy: aiuta le popolazioni rurali indiane costruendo scuole che partono dalla cultura dei villaggi, contando sulle conoscenze delle persone che ci vivono, rispondendo alle loro necessità economiche e sociali. Così, le nuove tecnologie, come i pannelli solari, trovano spazio accanto ai saperi tradizionali. Analogamente l'informazione può essere liberatoria se parte dalla cultura delle società alle quali è indirizzata: Nadia al-Sakkaf, direttore dello Yemen Times, non ha paura di fare informazione in un paese pericolosissimo per le persone di mente indipendente e con il suo giornale lavora per alimentare con la tolleranza una rivoluzione democratica che non è importata con le armi.

Gli esseri umani sopravvivono se trasformano il loro contesto. L'evoluzione cambia la vita, ma gli umani modificano l'evoluzione. Dinamica complicata: può portare progresso o distruzione. Richiede equilibrio. L'innovazione ha senso se si armonizza con le tendenze di lunga durata, se valorizza la cultura tradizionale e la innerva di novità, suggerisce l'economista Karol Boudreaux. Che questo riesca o fallisca, che l'adattamento sia lento o veloce, che la volontà si scontri con l'impossibile o lo superi, in tutti i casi, il risultato è la storia.

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