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Questo articolo è stato pubblicato il 30 luglio 2011 alle ore 17:34.

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Che tonfo. All'agenzia di scommesse Paddy Power la scoperta del bosone di Higgs è calata da 12-1 a 3-1. Ma avverrà fra le collisioni dell'LHC, il nuovo acceleratore del CERN di Ginevra, o del vecchio Tevatron, al Fermilab di Chicago? Nove giorni fa, i fisici del CERN avevano ristretto tra 130 e 150 gigaelettronvolt il territorio di massa/energia nel quale scovare la particella "Dio" che all'inizio dell'universo avrebbe dato una massa alle altre, per vie traverse e ovviamente complicate.

Mercoledì scorso, quelli del Fermilab sono stati un po' più larghi: tra i 125 e i 155 GeV. Che dilemma. Scommettiamo sull'LHC, in splendida forma nonostante funzioni ancora a metà potenza, o sul Tevatron che i tagli alla ricerca costringono a chiudere il 30 settembre e, per i gloriosi trascorsi, merita un premio di consolazione?

Nella comunità scientifica, le quotazioni oscillano come quelle della Paddy Power. Alcuni atei come Stephen Hawking sostengono l'inesistenza della God particle, termine coniato dal premio Nobel Leon Lederman dove God è l'abbreviazione di goddam, maledetta. La maggioranza è agnostica, però ricorda che le previsioni del modello standard – la teoria che unifica particelle e forze subatomiche – finora sono state sempre confermate dagli esperimenti. Quindi il maledetto bosone o un suo parente salterà fuori e magari in due versioni, uno smilzo (per così dire, data la massa cospicua) e l'altro grasso ad energie più elevate e che oggi trascuriamo, per semplicità.

Maledetta o benedetta e comunque teorizzata da Peter Higgs e altri quasi mezzo secolo fa, non si può osservare direttamente nell'enorme getto di particelle prodotte da ogni collisione: decadono quasi subito in altre particelle un po' più stabili. Come se non bastasse, qualcuna lo fa giusto nell'intervallo di energia previsto per l'Higgs. La sua esistenza va pertanto dedotta da un eccesso, rispetto alla media teorica, nel decadimento di altri bosoni.

Gli higssiani puri e duri sono entusiasti dei risultati presentati alla conferenza europea di fisica delle alte energia che si teneva a Grenoble dal 20 al 27 luglio. Sia nei rilevatori Atlas e CMS dell'LHC che nel CDF e nel DZero del Tevatron è stato osservato un eccesso nel decadimento dei bosoni W e Z, quindi con strumenti diversi e da collisioni tra particelle diverse, protoni e ioni pesanti nel primo caso, protoni e anti-protoni nel secondo. Il che riduce parecchio la possibilità di una mera coincidenza statistica, anche perché i risultati divergono di poco. Tenuto conto che varia anche l'interpretazione dei margini di errore, in sostanza a Chicago si scommette su un Higgs più smilzo (tra i 115 e i 136 GeV) che a Ginevra (attorno a 140).

Le probabilità che le tracce rilevate siano proprio le sue sono ancora basse, una su mille o una su sei, dipende dal tipo di statistica usato. I segnali sono ancora debolucci, dicono i coordinatori degli esperimenti e dei calcoli, Fabiola Gianotti, Guido Tonelli, Pierluigi Campana, Sergio Bertolucci, a Ginevra, Giovanni Punzi del CDF a Chicago (un chiaro eccesso di italiani!) e delle migliaia di fisici che lavorano su ogni rivelatore. Servono altre collisioni, altri dati da paragonare e da macinare in un'unica analisi. Per quest'ultima il Cern è in vantaggio, ha una potenza di calcolo impareggiabile.

Le incertezze si protrarranno almeno fino a Natale e confortano certi rivoluzionari che sperano nell'inesistenza della God particle, sarebbe una botta alle certezze del modello standard, lascerebbe spazio a ipotesi alternative sull'origine della materia tangibile. Ma l'Higgs resta la particella più popolare: nei media come alla conferenza di Grenoble, le sue peripezie eclissano altri risultati importanti, un grassissimo barione scoperto al Fermilab, per esempio, o al CERN la determinazione ancora più precisa della massa dell'antiprotone pubblicata giovedì scorso su Nature.

Una vera ingiustizia, che abbiamo appena commesso anche noi.

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