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Questo articolo è stato pubblicato il 30 luglio 2011 alle ore 17:37.
Gli esperti lo chiamano learning by travelling: esperienze formative che fanno dell'internazionalizzazione il loro punto qualificante. Incrociando le statistiche dell'Ocse e dell'Unesco, si scopre che tra il 1975 e il 2010 il numero di studenti universitari e post universitari che hanno scelto di studiare in un Paese diverso da quello in cui sono nati è cresciuto del 312,5%, passando da 0,8 a 3,3 milioni.
Una metropoli virtuale, i cui giovani abitanti ogni anno si disperdono, anticipando l'appuntamento con il resto del mondo. Lo fanno percorrendo rotte battute da decenni, che portano a santuari del sapere come le università di Harward e Cambridge. Oppure sfidando le consuetudini, per uscire dai circuiti formativi tradizionali e andare a scoprire il nuovo là dove accade, alimentato da economie che corrono senza affanno. Le nuove rotte portano in Oceania, America Latina, Asia.
Entrare nei luoghi dell'eccellenza non è facile. L'Indian institute on management ad Ahmedabad, per esempio, seleziona ogni anno 300 studenti partendo da 175mila candidature. Qualcosa di simile avviene alla Kyoto university in Giappone o alla Tonji university di Shanghai. Un'atmosfera internazionale e di forte competizione si respira anche all'Istituto Weizmann di Tel Aviv, all'Iitk di Kanpur, in India, tra i corridori del Centre for culture and technology di Toronto o nelle aule della Tsinghua University di Pechino.
Perché nel mondo globale studiare all'estero non è più un'occasione per pochi. Dimostrarlo è facile: il campus della Shanghai university of finance and economics (Shufe) offre stanze a partire da 9 dollari al giorno, mentre nei palazzi poco distanti dall'università i prezzi calano a 5-6 dollari. Una camera nei pittoreschi quartieri coloniali costa 200 dollari al mese. Prezzi semplicemente impensabili in molte città studentesche italiane.
Così, tra il 2000 e il 2010, gli studenti che sono andati a studiare in Cina sono passati da 20 a 231mila (+1055%): frequentano corsi di medicina, business management, ingegneria. Oggi Pechino attira 7 studenti su 100, e la Cina è il quarto Paese di approdo dopo Stati Uniti, Regno Unito e Francia (nel 2000 era al decimo posto della classifica). Come mostra l'infografica che pubblichiamo in questa pagina, la via cinese alla formazione è stata quella che ha fatto registrare l'incremento di traffico più consistente. E che più di altre ha contribuito ad alimentare il valore generato nel mondo dal learning by travelling. I calcoli più prudenti, come quelli del Global education digest 2010 (Unesco), stimano che il mercato della formazione internazionale valga 30 miliardi di dollari. Una nuova economia, nata al servizio di un sistema economico che invecchia. La Corporate executive board, multinazionale specializzata in ricerche su formazione e strategie aziendali, ha calcolato che negli ultimi quattro anni le prime 500 aziende americane hanno perso circa la metà dei loro senior, causa pensionamento.
Non è un caso, allora, che oltre 3 milioni di studenti, solo nel 2010, abbiano percepito l'urgenza di innovare i loro percorsi formativi. Che cosa cercano? Istituti formativi basati su criteri meritocratici. Che cosa trovano? Docenti internazionali e in continua formazione, capaci di plasmare manager globali. Ma soprattutto giovani abili a prendere il passo di un mondo che corre.
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