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Questo articolo è stato pubblicato il 09 settembre 2011 alle ore 14:39.

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Anche le aziende italiane stringono sui social network. Passata l'euforia iniziale, grosse società e colossi bancari hanno bloccato l'accesso di molte applicazioni di internet in azienda. In tempi di crisi, la produttività non conta. Se si hanno ore libere a disposizione, si devono destinare all'azienda. Bannati allora facebook e twitter, ma anche chat e sistemi di videoconferenza non strettamente utili per finalità lavorative.

Legalmente si può fare: rientra tra i diritti del datore di lavoro disciplinare l'utilizzo delle applicazioni informatiche, anche sui cellulari, fino a vietarle.

Tecnicamente può risultare controproducente, almeno nei casi in cui l'azienda fa della visibilità e della comunicazione il proprio core business.

E' successo ad importanti aziende del settore della comunicazione che invece di mettere al bando i social media hanno preferito disciplinarli, dando delle regole ai propri dipendenti, così come già indicato dal Garante della Privacy con le linee guida del 1 marzo del 2007.

Il datore di lavoro dovrebbe, infatti, portare a conoscenza dei lavoratori, le modalità di utilizzo dei sistemi informatici a disposizione. In caso contrario, sarà difficile persino irrogare sanzioni disciplinari, senza il rischio di vedersele annullare in sede giudiziaria. A giocare un ruolo determinante saranno allora le scelte di policy aziendale. In ogni caso, al datore di lavoro è sempre concesso il diritto di effettuare controlli periodici sulla configurazione dei software dei pc aziendali e sulla cronologia delle esplorazioni.

Lo Statuto dei lavoratori vieta i controlli a distanza (come sarebbero quei software cosiddetti keylogger in grado di captare tutti i file in entrata e in uscita e di inviarli a un pc remoto), ma non quelli meno invasivi sulle tipologie di connessione

. L'adozione di accorgimenti di "filtraggio" ha consentito a molte aziende di evitare a priori controlli e sanzioni indesiderate. Ciononostante non sono mancate le contestazioni disciplinari anche in Italia. Molte aziende sono corse ai ripari, organizzando corsi per i propri dipendenti e affiggendo nelle bacheche aziendali norme e raccomandazioni sul corretto utilizzo di internet. Si va dal divieto di utilizzare connessioni con software di tipo "peer to peer" durante l'orario di lavoro, la password dei colleghi o la mail aziendale per scopi personali. Tutte raccomandazioni scontate ma non troppo, vista la casistica già esistente e l'impegno profilato per la diffusione delle norme di buona condotta.

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TAG: Imprese

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