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Questo articolo è stato pubblicato il 26 novembre 2011 alle ore 18:34.

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L'economia europea si guida con il freno e l'acceleratore. È puro buon senso: tagli alla spesa pubblica e nuove tasse non risanano i conti pubblici se non c'è crescita. E, nel quadro di una roadmap credibile che consenta alle imprese e ai cittadini di scommettere su un quadro di priorità relativamente certo, uno dei capitoli fondamentali è l'agenda digitale: perché è uno dei pochi settori nei quali i soldi investiti possono davvero moltiplicarsi.

A partire dall'accesso a internet in banda larga. L'Europa mette in campo 9,2 miliardi di euro per aiutare gli stati membri a connettere tutti gli abitanti ad almeno 30Mega entro il 2020 e a sviluppare nuovi servizi digitali. Neelie Kroes, commissaria europea all'Agenda Digitale, è convinta che nei prossimi 10 anni lo sviluppo della banda larga possa stimolare nuove attività produttive del valore di mille miliardi di euro e creare molti milioni di posti di lavoro: «Un aumento della penetrazione della banda larga di 10 punti percentuali genera una maggiore crescita del Pil tra lo 0,9 e l'1,50%», dice Kroes.

Soprattutto l'ecosistema di attività che si sviluppano attorno all'infrastruttura di connessione è un'area economica importante e in espansione. La McKinsey ha stimato la dimensione di questa economia digitale. Nei 13 paesi considerati dallo studio ‐ Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Russia, Regno Unito, Stati Uniti, Brasile, Cina, India, Corea del Sud e Svezia ‐ l'economia che ruota intorno a internet vale il 3,4% del Pil, è più grande dei settori dell'energia e dell'agricoltura e ha generato, negli ultimi cinque anni, il 21% della crescita dei paesi a sviluppo più maturo tra quelli considerati. Il bello è che circa il 75% del valore economico dell'economia internettiana va alle aziende che non si occupano di tecnologia ma di produzione e vendita di beni e servizi tradizionali. Infine, sempre secondo la McKinsey, l'ecosistema di attività internettiane crea 2,6 nuovi posti di lavoro per ogni posto che si perde per l'introduzione di tecnologie che provocano una maggiore efficienza.

La metafora dell'ecosistema è particolarmente utile a comprendere la dinamica di un fenomeno che si sviluppa come un ambiente nel quale nascono, crescono, competono, coevolvono e, talvolta, si estinguono diverse specie imprenditoriali. L'equilibrio ambientale ‐ in questa sua versione digitale ‐ si salvaguarda accrescendo la quantità di connessioni che uniscono persone e imprese, in un quadro di regole standard e di mercati aperti, con tecnologie interoperabili. La neutralità della rete, alla cui difesa il Parlamento europeo ha dedicato una risoluzione approvata a larghissima maggioranza, garantisce che nessuna nuova idea sia frenata dalla possibilità di discriminare tra i pacchetti che circolano in rete: sicché le informazioni e i servizi innovativi possono proporsi liberamente al pubblico della rete e verificare se vengono adottati. Ma perché tutto questo possa effettivamente essere valorizzato, ovviamente, occorre che i cittadini europei siano digitalmente alfabetizzati. Sono questi, in fondo, i pilastri dell'agenda digitale proposta e sostenuta dalla Commissione europea.

L'amministrazione pubblica italiana ha dimostrato finora un'incredibile disattenzione a queste opportunità. Nel sito dedicato all'agenda digitale dalla Commissione si trova un servizio che serve a comparare i dati: l'Italia è sotto la media europea su quasi tutto, dall'accesso alla banda larga fissa e mobile all'uso di servizi di informazione e commerciali, anche se risulta superiore alla media in alcuni importanti aspetti dalla disponibilità di servizi della pubblica amministrazione all'invio telematico di fatture. Ma il gap va colmato. Perché la connessione all'Europa non può certo essere limitata ai vincoli posti al bilancio pubblico. In realtà, non possiamo più permetterci di snobbare le opportunità finanziarie, sociali e culturali offerte dall'Europa per attivare percorsi di crescita nell'economia digitale. E meno male che ci sono.

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