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Questo articolo è stato pubblicato il 26 novembre 2011 alle ore 18:34.

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La signora Paola è il testimonial ideale. Di fronte agli allibiti ricercatori ed esperti presenti ad Archeovirtual, la rassegna internazionale dell'Archeologia Virtuale svoltasi di recente a Paestum in occasione della Borsa mediterranea del Turismo archeologico, questa agguerrita 90enne ha passato in rassegna, con l'entusiasmo di una ragazzina, tutte le installazioni e le ricostruzioni digitali 3D, selezionate fra i migliori progetti dei musei virtuali di tutto il mondo.

E alla fine non ha nemmeno chiesto di sedersi per riposare un po'. La signora Paola, si dirà, è un'eccezione. Tuttavia, una cosa è certa: l'archeologia virtuale, nuova frontiera della divulgazione museale, capace di 'far uscire' dalle teche dei musei gli oggetti del passato, senza limiti di spazio e di tempo, offrendo una narrazione degli eventi storici con effetti spettacolari in 3D, conquista da anni pubblici sempre più vasti. E si pone come strumento formidabile sia per la condivisione di nuove conoscenze, sia come avanposto di flussi di turismo reali. E l'Italia, in questo settore, ha una leadership riconosciuta.

«Il segreto del gradimento di pubblico di queste applicazioni ‐ dice Sofia Pescarin, numero uno di V-MusT.net, la rete europea di eccellenza per i Musei virtuali e digitali ‐ sta nell'intuizione concettuale che archeologi ed esperti dei patrimoni culturali ebbero anni orsono, quando di fronte al dirompente sviluppo di nuove forme, linguaggi e regole della comunicazione, imposero, per così dire, una virata a 360 gradi, creando il network e ponendo le basi di contenuti digitali pervasivi ed efficaci». L'asso nella manica sta, invece, nelle tecnologie digitali innovative, sempre più basate sull'interazione naturale, come dimostra il successo di pubblico registrato da Etruscanning 3D (nella foto).

Con un semplice smartphone o un tablet, è possibile immergersi nel passato, vivendo un'esperienza personalizzata nello spazio virtuale di una città ( Matera, 'città dei sassi', o Roma) o di un qualsiasi altro luogo. Con i software di realtà aumentata, si può invece 'tenere in mano' la replica virtuale di un reperto archeologico, ispezionandola dalle varie angolazioni, come accade nell'applicazione Ar-Etruschi realizzata da NoReal.it, nel Museo di Storia naturale di Trento. «Queste applicazioni ‐ spiega Davide Borra, titolare della NoReal.it (una delle cosiddette 'gazzelle tecnologiche' italiane) ‐ sono il frutto di un ventennio di lavoro interdisciplinare tra umanisti e tecnologi, aziende, enti di ricerca e università, che ora trova la possibilità di un mercato maturo ed internazionale, poiché il pubblico ha aumentato il grado di confidenza verso il virtuale e le tecnologie dell'interazione. Idee, rapidità e competenza rimangono gli ingredienti fondamentali, ed in questo gli italiani sono davvero bravi. Il software, all'insegna del riuso delle produzioni virtuali, è stato creato in meno di un mese, in forma collaborativa via web, generato da un'idea istantanea ed al momento è unico sul mercato».

Puntando a creare nel visitatore suggestioni capaci di evocare la propria storia personale, le installazioni virtuali mutuano spesso lo stile e le regole da altri ambiti legati all'edutainment, come il mondo dei videogame e dei film di animazione 3D, adottando lo storytelling cinematografico con risultati di grande efficacia narrativa. Da questa capacià di emozionare, colpendo cuore e cervello, deriva sia l'influenza che il viaggio virtuale può esercitare sulla costruzione di una consapevolezza pubblica rispetto alla conservazione, alla valorizzazione e alla tutela del patrimonio culturale, sia la spinta che il turismo digitale può imprimere al turismo reale, con ricadute positive sull'economia del territorio.

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