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Questo articolo è stato pubblicato il 10 dicembre 2011 alle ore 20:29.

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Cosa accomuna un polpo artificiale all'obbiettivo fotografico di un telefonino? A prima vista nulla, il primo è un progetto di ricerca di punta, un soft-robot in divenire della Scuola Sant'Anna di Pisa. Il secondo un componente industriale, pur sofisticato, e diffuso in oltre tre miliardi di cellulari in uso nel mondo. Eppure, oggi, molto li accomuna. Fili metallici interni che si distendono e contraggono a comando elettrico.

Con micromovimenti (dotati di notevole forza) impensabili, a parità di leggerezza e fluidità, con tradizionali cavi di trazione, ingranaggi, leve.
È una rivoluzione alle porte per la robotica. È la strada che i ricercatori del progetto Octopus, coordinato da Cecilia Laschi nel centro Sant'Anna sulla robotica marina a Livorno, stanno seguendo. «Per riprodurre un tentacolo di polpo avevamo bisogno di una soluzione non convenzionale – spiega Matteo Cianchetti, del team di Octopus – e siamo approdati alle leghe a memoria di forma, già da anni disponibili. Il loro principio fisico è questo. La lega, nel nostro caso un filo sottile di Nitenol (Nickel e titanio), è in grado di ricordare una forma che l'utente gli impone. L'impressione della forma avviene mediante il riscaldamento sotto vuoto a più di 500 gradi per un certo tempo. Quella forma viene memorizzata nel materiale e quando viene deformata e poi di nuovo riscaldata (ma a temperature molto più basse) torna alla forma memorizzata». E lo fa con una forza specifica notevole, con contrazioni in grado di sollevare anche tre chilogrammi per un filo spesso 500 micron e lungo trenta centimetri.

«Un tentacolo di polpo è un sistema di muscoli trasversali e longitudinali – continua Cianchetti – siamo partiti dai primi, con delle molle elicoidali nei vari segmenti del tentacolo. Ciascuna comandata da un suo impulso elettrico (che riscalda la molla e la fa contrarre). E i risultati sono stati ottimi». Riprova: il tentacolo è riuscito a svitare sott'acqua il tappo di un barattolo. «Ora stiamo affrontando i muscoli longitudinali, eliminando i precedenti cavi di trazione, pesanti e complessi, con altri fili elicoidali a memoria di forma. Il risultato è un tentacolo più leggero, versatile, che può attivare selettivamente e localmente i suoi "muscoli" in ogni suo punto, quindi con movimenti combinati». Un passo avanti di tutto rispetto, per la robotica. «Oggi possiamo pensare a bracci tentacolari sottomarini in grado di infilarsi dentro tubazioni subacquee o in spazi preclusi all'uomo. Oppure a strumenti chirurgici e diagnostici a minima invasività. L'orizzonte aperto per la robotica soft è solo la fantasia».

Il problema, però, è tuttora la precisione. «Queste leghe si attivano con l'effetto Joule, ovvero con il calore creato dall'elettricità. Le condizioni ambientali e termiche intorno ai fili devono quindi essere perfette, non devono surriscaldarsi. E poi i tempi di rilascio dalla contrazione dipendono dalla dispersione del calore e possono essere variabili e persino lenti». Ma qui entra in gioco la ricerca industriale. Partner della Sant'Anna sulla memoria di forma sono la Saes Getters (uno dei maggiori produttori europei di questi materiali) e la St Microelectronics. «Stiamo lavorando assieme per realizzare un controllo elettronico fine e continuo di questi attuatori di nuova generazione – spiega Nunzio Abbate, responsabile del laboratorio di meccatronica all'St Microelectronics di Catania –: per riuscirci dobbiamo combinare capacità metallurgiche avanzate, robotiche, di elettronica e software. Fino a ottenere dei chip di governo in grado di controllare microsecondo per microsecondo i fili, e di compensarne eventuali variazioni di comportamento».

Un esempio si trova nel centro di ricerca industriale catanese (che ha appena varato un laboratorio congiunto con la Sant'Anna sulla robotica di nuova generazione). Qui gli ingegneri dell'StM stanno sviluppando un innovativo sistema di stabilizzazione delle immagini per le fotocamere dei telefonini, ma lo spazio è ampio per i microattuatori intelligenti a memoria di forma. «Potremo sostituire miriadi di costosi micromotori nelle auto e poi, con i controlli che stiamo sviluppando – conclude Abbate – andare anche oltre. Fino a una robotica leggera e versatile quale non si è mai ancora vista».

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