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Questo articolo è stato pubblicato il 17 dicembre 2011 alle ore 19:04.

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Anche in Italia la musica arriva a passo di streamingAnche in Italia la musica arriva a passo di streaming

È la carica della musica in streaming. L'ultima arriva domani in Italia: si chiama Deezer e offre un servizio di musica in streaming per abbonamento. La società francese fondata nel 2007 che ha più di 20 milioni di utenti (1,4 milioni a pagamento) permette di ascoltare 13 milioni di brani delle major discografiche e delle oltre 2mila etichette indipendenti. Il servizio ha costi medi: 4,99 euro al mese per streaming illimitato su pc utilizzando il browser e 9,99 per poter suonare la musica anche dai tablet, dai telefonini (grazie alle app per tutti i modelli) e dagli apparecchi intelligenti da casa come quelli di Sonos e Logitech. A 9,99 in più si possono anche scaricare in locale i propri brani preferiti.

Deezer arriva forte del successo in Francia e trova da noi già pronto il neonato rara.com, servizio di musica in streaming in collaborazione con Omnifone, azienda di cloud computing che fornisce la base per i 10 milioni di brani delle principali etichette discografiche disponibili. Costi ancora più bassi: 99 centesimi al mese per la musica via web e 1,99 euro per la musica via Android o iPhone/iPad (per i primi tre mesi, poi il prezzo passa rispettivamente a 4,99 e 9,99).
C'è competizione, approcci simili, per conquistare il mercato su cui pesa l'ipoteca di Spotify, servizio di musica nato a Stoccolma nel 2006 e ora a Londra, che sbarcherà in Italia a breve. Spotify ha un catalogo di 15 milioni di canzoni, una propria galassia di radio digitali, accordi con Last.fm, e l'integrazione con i principali social media. A distinguerlo, la possibilità di fare streaming in formato q9 a 320 Kbps, il migliore per qualità finora (ma non tutti dichiarano il bitrate).

L'Italia è dunque nel mirino per chi vuole vendere musica in abbonamento non solo ai grandi amanti del genere, ma anche a chi di musica ne ascolta poca. «Sono convinto ‐ afferma Axel Dauchez, Ceo di Deezer ‐ che possiamo far tornare ad ascoltare la musica a quelle persone che dal 2000 in avanti hanno smesso. Una volta l'ascolto si basava sulla ripetizione, la memoria nasceva con l'ascolto continuo alla radio. Adesso l'abbondanza del digitale ci schiaccia. Così, quando vogliamo cose nuove, non sappiamo dove trovarle e ci passa la voglia». Deezer fa leva anche su Facebook per far scoprire alle persone musica nuova. Se le etichette si prendono la maggior parte dei soldi degli abbonamenti, ci sono nuovo modelli di business emergenti: con i dati di ascolto, ad esempio, le radio possono comprare indicazioni sul tempo medio di ascolto di una singola canzone.

Deezer mira ad avere un ruolo simile a quello di YouTube su Facebook: il modo per condividere musica sul social network più diffuso al mondo. «Cliccando si ascolta la preview da 30 secondi; se poi si va avanti si sottoscrive il periodo di prova senza impegno», dice Dauchez, giunto da poco nella società fondata da Daniel Marhely nel 2007 dal vecchio sito Blogmusik. La chiave della strategia di Deezer, che ha appena stretto il primo accordo di distribuzione mondiale con le major, è un mix di globalizzazione e localizzazione. Deezer vuole entrare in più paesi con la flessibilità di un'architettura basata su server francesi e con punti di presenza nei vari continenti. Dall'altro, l'azienda ha diviso il mondo in 30 aree omogenee, ognuna con uno staff redazionale che organizza la musica, crea playlist, fa la programmazione per 12 canali di genere e 30mila radio: «La logica è non appiattarsi sui gusti musicali americani ma localizzare i gusti avvicinandoli alle comunità, anche per educarle».

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